A margine del terremoto in Emilia Romagna (M.R. Girotti)

A margine del terremoto in Emilia Romagna

Quest’anno l’ Emilia Romagna è stata duramente colpita: prima dalla storica nevicata che ha paralizzato città e sommerso alcuni paesi dell’Appennino; ora il terremoto che ha colpito prevalentemente le province di Modena e Ferrara, ma non ha risparmiato neppure la provincia di Bologna. Crevalcore, ad esempio, un importante centro agricolo e artigianale, è stata duramente violata. Bologna stessa ha subito danni, soprattutto per quanto riguarda alcuni edifici ed alcune chiese, come il santuario di San Luca che, per la presenza di crepe nella volta, resterà chiuso, per ragioni di sicurezza, non si sa fino a quando. Le messe vengono comunque celebrate nella cripta. Il terremoto ha distrutto numerose chiese anche della diocesi di Bologna, che si estende fino alla provincia di Ferrara, includendo Cento e Sant’Agostino. Ha distrutto palazzi comunali e scuole, in pratica colpendo tutti i punti di socialità e di aggregazione. Senza contare i bellissimi castelli di diverse frazioni. Poi i capannoni industriali con terribili conseguenze economiche per industriali e lavoratori.

Se gli effetti sul territorio sono stati devastanti, altrettanto lo sono stati sulle persone. Anche qui a Bologna, dove le scosse del 20 e del 29 sono state pesantemente avvertite, molte persone hanno dormito in auto, come la nostra socia Franca che ha visto oscillare il suo appartamento al 6 piano dell’edificio. Ma i racconti più dolorosi vengono dalle zone aspramente colpite, alcune delle quali legate ai miei ricordi dell’infanzia e giovinezza, essendo nata e vissuta a Cento fino a 19 anni. La mia maestra delle elementari veniva da Sant’Agostino. Ho tuttora zii e cugini a Cento che ancora vivono la paura di nuove scosse. Anche coloro le cui abitazioni non hanno subito danni raccontano della paura che non finisce mai e che attanaglia impedendo un sano riposo. La Regione, la protezione civile, l’arma dei carabinieri, la polizia, le associazioni territoriali, i sindacati, le parrocchie e tanti volontari si sono subito attivati per far fronte alle necessità delle popolazioni colpite. Il terremoto fa venire fuori anche il bello delle persone, la solidarietà, l’abnegazione, l’efficienza, che fa creare i campi di accoglienza in pochissimo tempo, che predispone palestre per i primi interventi, che istituisce centri sanitari attrezzati sfruttando alcuni locali ricreativi e le tende, che prepara altari all’aperto per le celebrazioni religiose. E fa vivere l’interculturalità sul campo, a tavola. Molti sono infatti i migranti che lavorano in queste zone e alcuni, fra i più attivi, hanno perso la vita nel crollo di capannoni.

La vita riprende

Ora, passata una prima emergenza, il deserto dei centri storici, gli scenari desolanti, cominciano ad animarsi. La gente vuole riappropriarsi del proprio territorio, della vita. Le persone cercano di ritornare ad una “normalità possibile”, riprendendo quegli aspetti della vita che il terremoto aveva improvvisamente spezzato. Per molti non è possibile tornare a casa e tornare al lavoro. C’è molto bisogno del supporto morale e materiale di tutti. C’è ancora molto da fare e per molto tempo. È stato creato un tavolo di coordinamento a cui partecipano diverse associazioni territoriali. Caritas Italiana, in stretto raccordo con la Delegazione regionale delle Caritas dell’Emilia Romagna, segue costantemente gli sviluppi della situazione, dagli interventi di urgenza alla definizione di progettualità da avviare nelle fasi successive. La Caritas di Bologna, su indicazione del Cardinale Caffarra, ha promosso una raccolta fondi il cui ricavato sarà interamente devoluto alle famiglie colpite dal terremoto. Già domenica scorsa, 10 giugno, in tutte le parrocchie c’è stata una speciale raccolta a favore delle popolazioni colpite dallo scisma. L’Azione cattolica invece sta raccogliendo fondi per l’acquisto di materiali per le attività parrocchiali e sta cercando animatori per le iniziative organizzate per i ragazzi ora che le scuole sono terminate. Sul fronte lavorativo ci sono molti esempi di solidarietà da parte di imprenditori anche di altre regioni che hanno messo a disposizione strutture e spazi per le aziende colpite o hanno assunto persone rimaste senza lavoro. Poi ci sono i gemellaggi, un modello di “sussidiarietà orizzontale” come quelli fra Torino e Mirandola o Firenze e Finale Emilia. E c’è l’acquisto del parmigiano reggiano per aiutare i produttori colpiti. Le espressioni di solidarietà e le modalità a sostegno delle iniziative di aiuto sono tante. L’ attenzione ai bisogni dell’altro suggeriranno anche a noi manifestazioni di solidarietà. Indico alcuni siti da visitare per chi volesse contribuire:

www.caritasitaliana.it

www.porta-aperta.org

www.caritasbologna.it

www.azionecattolicabo.it

www.parmigiano-reggiano.it

Allego un articolo che esprime molto bene lo stato d’animo di chi vive in una zona rossa. È stato scritto da Andrea Segrè, Professore Ordinario di Politica Agraria Internazionale e Comparata; uno dei fondatori del Banco Alimentare di Bologna.