A PROPOSITO DELLA LAICITA’ DELLO STATO
IL PROBLEMA DELLA LAICITA’ (abbiamo chiesto a Gina della Fazia di farci conoscere qualcosa della sua interessante tesi di laurea in giurisprudenza. Qui abbiamo una sua prima considerazione) Il distacco del politico dal religioso ( maturato nelle società occidentali a partire dallo Stato liberale ottocentesco) del temporale dallo spirituale, ha dovuto sempre fare i conti con lo spettro della religione (e con le sue manifestazioni sociali) che, per moltissimi secoli, ha accompagnato la nascita e l’evoluzione di intere civiltà. Invero, questo tentativo di delegittimazione della dimensione spirituale all’interno dell’entità sociale ha prodotto un paradossale avvenimento. Infatti, l’accantonamento dello spirituale ad un momento intimo ed interiore, e il totale distacco proclamato dallo Stato in tema di credenze, ha dato vita ad una “redistribuzione” dei rapporti tra sfera pubblica e sfera privata in quanto, come scrive il sociologo francese Marcel Gauchet, è stata “interamente rinviata agli individui la presa di posizione sul senso dell’avventura umana e su tutto ciò che attiene alla spiegazione ultima.” Di qui il problema della laicità in senso moderno, ovverosia il problema della riconsiderazione di questo valore, tanto importante ed essenziale, in virtù della sua portata teleologica, in quanto lo Stato non può esimersi (appellandosi ad una falsa interpretazione della laicità) dal compito di rappresentare la società civile e, di conseguenza, le sue istanze, tra cui quelle religiose, ma non può nemmeno conglobare la società civile in un’asettica organizzazione priva di identità. Anzi la posizione di neutralità richiede allo Stato di essere ad un tempo coordinatore delle diversità e rispettoso dei fermenti spirituali che provengono dalla società civile, che è il risultato di una pluralità di interessi e necessità che esso Stato rappresenta.