FORZA VENITE GENTE

La compagnia “…NON A CASO” con il patrocinio di ASSISI PAX presenta FORZA VENITE GENTE a favore di TEAM PROJECT – LOMBARDIA.
GIOVEDI’ 5 GIUGNO 2008 ORE 21,15
presso il teatro tenda Laghetto Santa Maria
GUDO GAMBAREDO – BUCCINASCO
Interverrà Padre Polidoro

Prevendita presso:
“Stravaganze” via Cavour, 42 – CORSICO;
“Ristorante al Laghetto” via De Amicis,1 – BUCCINASCO

LA PACE TRA FEDE E RAGIONE

Presso la Biblioteca Francescana di Chiesa Nuova, indetta da CESVOL di Perugia ed ASSISI FOR PEACE, il 23 maggio si è tenuto un incontro interessante LA PACE TRA FEDE E RAGIONE COME FONDAMENTO DI OGNI ALTRA PACE.
La tavola rotonda è stata moderata dal prof CARLO PALERMO docente di Storia della Filosofia Moderna (ITA).
Hanno relazionato:
– Prof ALDO STELLA docente di psicologia dei processi cognitivi preso l’Università per Stranieri di Perugia e di fenomenologia della religione ( univ. di Urbino) sul tema RIFLESSIONI SUL TEMA DELLA RELAZIONE TRA FEDE E RAGIONE.
– Ha parlato sul tema: ECUMENISMO E DIALOGO RELIGIOSO VIA DELLA PACE Mons. ELIO BROMURI direttore settimanale LA VOCE.
– Mons PAOLO GIULIETTI sul tema CONTENTI E FIERI DI ESSERE CRISTIANI – PER UNA PASTORALE DELLA RAGIONE AL SERVIZIO DELLA COMUNICAZIONE DEL VANGELO
– CATIA ELIANA GENTILUCCI docente di economia politica all’Università di Camerino sul tema LA CULTURA DI PACE. RIFLESSIONI DA UN VIAGGIO IN SIRIA.
– il dott. GIOVANNI MARIA GUBBIOTTI ha parlato di IPOTESI DI POSSIBILI FUTURI SVILUPPI DELLA INIZIATIVA.
– Ha concluso l’arcivescovo di Assisi Mons DOMENICO SORRENTINO.

A LULA (NU) E A LATINA

Nei giorni uno e due maggio fr. GianMaria è stato a Lula (NU) e a Latina dietro invito delle due amministrazioni comunali.
situazioni molto diverse, ma ugualmente calda l’accoglienza.

A LULA l’occasione è stata data dalla festa di san Francesco d’Assisi che lì celebrano ogni anno in questa data. E’ da raccontare qualcosa. A Lula c’è un santuario dedicato a san Francesco in cui fan festa ai primi di maggio per dieci giorni. Intorno al santuario un centinaio di casette/appartamenti candidi e freschi di calce dove si può alloggiare per dieci giorni gratis. Sono le famiglie che fanno tutta la novena principalmente provenienti da Nuoro. In quei dieci giorni tutti, esattamente tutti, ricevono da mangiare gratis. C’é una prioranza che pensa a tutto. Ho visto una decina di uomini ed altrettante donne che cucinano in continuazione perché chiunque si presenta possa essere accolto con vino e biscotti e quindi mangiare carne e patate. Si consumano sempre intorno a quattrocento pecore tutte donate unitamente alle altre cose necessarie.
In questa occasione che mai avrei immaginato, l’Amministrazione Comunale ha iniziato giornate di pace con una marcia della pace dal centro abitato al santuario e poi un incontro dibattito cui ho partecipato ed a cui ha partecipato il vescovo di Tempio mons. Sanguinetti. E’ un terreno in cui mi è stato possibile parlare di pace sia in chiesa che nelle sala comunale.Ringrazio il Sindaco Gavino Porcu, il parroco don Salvatore.

A LATINA manifestazione diversa il giorno 2 maggio. Con Latina, Amministrazione e popolo, abbiamo una ormai vecchia amicizia.
In questi giorni vi è una grande manifestazione cittadina sul tema del lavoro e della pace. Amministrazione comunale, sindacati, imprenditori ci siamo ritrovati insieme a parlare di lavoro e di pace. Io personalmente ho trattato l’argomento lsvoro e pace e gioventù secondo quanto affermiamo in Assis Pax e nel libro Civiltà di pace.
Ottima l’accoglienza ed interessanti gli altri argomenti delle varie tavole rotonde.
Ringrazio il Sindaco Vincenzo Zaccheo e l’assessore Stefano Galetto.

PACIFICAZIONE IN MOZAMBICO DA UN DIARIO DI PADRE POLIDORO

Viaggio a Maputo – MOZAMBICO
3 – 15 febbraio 1986

Inizio

Sto scrivendo dalla sala di attesa per le interconnessioni di Lusaka (ZAMBIA). Sono arrivato alle 7:50 ora locale e ripartirò per Harare (ex Salisbury – RHODESIA) alle 15:45. Lì dormirò per partire domani – 5 febbraio – alle 12:30 alla volta di Maputo. Sto scrivendo il giorno 4 febbraio. Ho l’impressione che il mio orologio vada male perché in sala ci sono sei orologi ed ognuno segna un proprio orario e non funziona. Come del resto gli orologi della sala “arrivi”. Anche lì ce ne sono diversi. Avrebbero fatto la felicità e la disperazione di Carlo V imperatore. C’è un uomo che, da un paio d’ore, sta pulendo la scala e sembra si dia da fare più che altro per passare il tempo. Siamo una quindicina di passeggeri, compresi tre bambini che speriamo facciano due soldi di silenzio almeno verso le 15:00, per prosciugamento gola.

L’aria dovrebbe essere calda, ma io sto bene con i pantaloni invernali ed il maglione. Il cielo è coperto e tira vento. L’aeroporto è tranquillissimo, nel suo verde, dopo il breve turbamento di due aerei che sono partiti. All’intorno si immagina una campagna estremamente verde, sul tipo di quella che abbiamo potuto vedere da qualche buco delle nuvole durante due giri intorno alla città in attesa dell’OK per l’atterraggio.

Sono partito ieri sera alle 20:00 da Roma-Fiumicino. O meglio, alle 20:30 perché il motore dell’aereo non voleva mettersi in moto, nonostante l’ausilio di un camion-generatore che iniettava corrente con un muggito sempre più alto e prolungato, che faceva presagire molto poco di buono. E, difatti, mi meraviglio che quel piccolo aereo ci abbia portati fin quaggiù. E’ vero che eravamo pochi; una quindicina, arricchiti da un’altra ventina di passeggeri saliti a Larnaka (CIPRO) alle ore 23:00.

All’aeroporto di Roma mi ha accompagnato Padre Manuel NEVES, l’autore e promotore di questo mio viaggio. Mi ha prelevato alle ore 16:00 nella nostra Curia Generale del Gelsomino. Abbiamo parlato a lungo della problematica che mi attende ed ho ricevuto molti consigli a proposito.

Nel nome del Signore, quindi, comincio questa avventura di pace. Vorrei che fosse totalmente di Cristo.


Da Lusaka ad Harare

Ho atteso parecchio alla gate 1. Mi son detto l’Ufficio ed ho letto il giornale fino alle 19:40, quando ci siamo avviati all’aereo della “Zambian Airways”.

Il viaggio è stato lungo. Siamo arrivati a Lusaka alle 7:50 – ora locale – cioè alle 6:50 nostre. A Lusaka siamo stati fermi per 45 minuti. Di notte non si vede nulla. Solo un po’ di luci quando ti avvicini a terra e poi i due omini che per tre quarti d’ora hanno passeggiato su e giù, a poca distanza dall’aereo, con aria chiaramente di chi è sopravissuto al calar della notte.

Avevo parecchia sonnolenza, stanotte. Così non ho faticato a portare avanti quel dormiveglia (più dormi, che veglia) che alleggerisce il viaggio. Stamattina mi sono svegliato che alla mia sinistra si intravedeva una lingua stretta di fuoco che voleva dire aurora bagnata. Poi, nuvole, nuvole e nuvole. Sembra che in Africa io porti la pioggia. Forse dovrebbero usarmi per le campagne antisiccità.

Ho già detto che nei pressi di Lusaka ho potuto vedere qualche strappo di paesaggio verde, lacerato dal tessuto compatto delle nuvole. Quel che ho visto nella città mi è piaciuto. Schiere di villette e case con giardino in buon ordine e rispettose della razionalità anglosassone.

Ora sono qui in sala, in attesa del pranzo. Non lo pagherò io, ma la compagnia aerea. Non mi conviene cambiare soldi per poche ore. Anche perché, di soldi, ne ho proprio pochini.

Mancano pochi minuti alla partenza dell’aereo e, con altri, tentiamo di avviarci. La polizia ci fa tornare in sala. Ci fermiamo nell’atrio ma due hostess ci fanno rientrare. Manco con le belve nel circo.

Finalmente si parte.

Dall’aereo delle linee zimbabwesi si gode un bellissimo panorama. Tutto verde, anche se senza foreste.

Ad Harare arriviamo dopo scarsi tre quarti d’ora. Anche qui domina il verde. Un po’ faticosa l’entrata. La polizia vuole sapere tutto e tutto scritto. Insiste per conoscere il mio datore di lavoro. Finisco per dargli l’indirizzo del Padreterno.



Harare

La carta delle linee Zambia mi procura cena ed alloggio presso l’Oasis Hotel di Harare che è la vecchia Salisbury.

Harare é una gran bella città. In città e nei dintorni la povertà non appare. Anzi, appare una certa ricchezza sia negli edifici del centro, nelle strade ampie e pulite e sia nelle ville all’inglese a piano unico con prato e alberi all’intorno. Grandi parchi boscosi circondano la città, almeno nella parte verso l’aeroporto. E’ tutta da godere questa città. L’unica nota che mi richiama da una nascosta (?) povertà é il canto a nenia di una donna cieca seduta all’angolo della strada-salotto a chiedere la carità dei passanti. Una nenia struggente. Non avevo mai sentito gente chiedere l’elemosina in modo così gentile.

All’aeroporto di Harare, un brav’uomo di poliziotto mi porta nello stanzino per l’ispezione. Mi chiede se ho armi, gli rispondo che sono prete. «Di quale chiesa?» – «Cattolica», rispondo. Mi chiede ancora se ho guns, armi e non osa neppure toccare il bagaglio. Gli dico che sono di un Centro per la pace e che non uso portare armi. Tutto si conclude con un sorriso di fiducia.



Da Harare a Maputo

L’aereo delle L.A.M. (Líneas aéreas de Mozambique) é in ritardo di un’ora. I soldati scherzano su questo ennesimo ritardo.

Si parte, finalmente. In volo veniamo a sapere che non stiamo andando a Maputo, ma a Lusaka. Non sappiamo il perché.

Atterrati, non c’é cambio di passeggeri: solo qualcuno va e viene. Comincio a pensare a qualche guasto serio all’aereo. Seduti, col caldo, con l’aereo al completo, in pratica non possiamo muoverci.

Dopo un’ora e mezza di attesa, ecco comparire un gruppo che sembra una delegazione. Un po’ di va e vieni. Alcuni salgono a bordo e non sappiamo come abbiano trovato posto. Ancora attesa e sono le ore 16:00 quando ci servono il pranzo. Segno certo che saremo fermi almeno per un’altra ora. E difatti é così.

Ancora altre persone e saluti protocollari: una delegazione resta a terra in posizione di chi vuole salutare, come si fa con le auto in partenza. Finalmente l’aereo si muove.

La sorpresa non é finita! Non si va a Maputo, ma faremo scalo a Beira, città di mare del Mozambico centrale. Maputo, la capitale, é infatti a non molti chilometri dal confine sud con il Sudafrica. Paesaggio sempre stupendo: vedo finalmente delle foreste immense ed immagino indigeni ed animali esotici.

A Beira, l’aeroporto é vuoto, eccetto per un piccolo aereo da turismo. Ci danno libertà di una mezz’ora per sgranchirci le gambe. Viene a prelevarci il mezzo, cioè il bus, degli aeroporti per condurci all’aerostazione.

Ormai si fa buio. Non c’é luce. Solo uno stanzone spoglio al pianterreno per noi di transito. C’é l’indicazione “bar-souvenir” al piano di sopra. Vado: ma ancora un altro stanzone senza luce e qualche banco ed una terrazza. Mi é impossibile andare al bagno per mancanza di luce.

La situazione mozambicana é al limite della sopportazione umana. Il governo centrale controlla le città ma non la campagna e l’unico mezzo di trasporto sicuro é l’aereo. Ma non c’é carburante, come non c’é luce (da poco hanno fatto saltare un pilone dell’alta tensione che portava luce dal Sudafrica a maputo), il cibo é tesserato, la povertà immensa. L’edificio aeroportuale di Beira é un esempio di una costruzione iniziata nell’euforia del benessere e dopo interrotta.

C’é molto personale impiegato nell’aeroporto, ma credo che ci siano, sì e no, uno o due voli la settimana. Il giornale “Noticias” del 6 febbraio, ad esempio, porta un avviso che il volo TM172 é anticipato alle 8:00 del mattino, come ci sono altri avvisi per la vendita di merci. Situazione veramente disperata.

Finalmente siamo a Maputo che sono le 20:00 del 5 febbraio, a quarantott’ore dalla partenza da Fiumicino.


Arrivo a Maputo

Mi attende, all’interno dello scalo, l’ing. Fernando BRÀS DE OLIVEIRA, l’uomo chiave che ha voluto questa missione. Lui, portoghese, ma con tanta fiducia del governo del Mozambico di cui é consulente. E’ un cattolico convinto, che soffre per il popolo del Mozambico. Con lui vi sono altri due africani.

Mi dirottano nella sala dei VIP e lì un funzionario si occupa per il disbrigo delle formalità aeroportuali e per il ritiro della valigia. Con Fernando inizia così un fitto scambio di informazioni.

Finalmente sono quasi le 21:00: giunge il segretario (?) del Ministero dell’informazione che mi porge il benvenuto e scusa il ministro per non essere potuto venire all’aeroporto. Poi, con macchina ufficiale, andiamo alla casa del nipote di Fernando.

La città di Maputo é senza elettricità: solo chi ha un generatore proprio ostenta luci anche all’esterno. Una strada é stranamente illuminata.

La casa del nipote di Fernando é senza luce e condivide col popolo la tristezza dei tempi, anche se la casa appare ricca. Una torcia ed una candela bastano.

Dopo una telefonata, giungono Padre Gilberto TEIXERA, superiore delle Missioni O.F.M. del Mozambico e Padre Armindo CARVALHO, superiore e parroco a Maputo. Due Frati con cui inizia subito un’amicizia. Essi conoscono il motivo della mia venuta e potrò parlare con loro apertamente.

Andiamo quindi al convento: IGREJA DE SANTO ANTONIO DA POLANA – Av. Armando Tivane n. 1701 – Cx Postal 4756 – MAPUTO (tel. 741197). Qui parliamo sul da farsi con Fernando ed i due Padri.



Primo incontro con il Ministro dell’Informazione Luiz CABAÇO

6 febbraio 1986. Oggi é una giornata importante. Voglio iniziare con la celebrazione della Messa. Siamo in tre. Alle 9:00 andrò dal Ministro dell’informazione. Mi accompagnerà Fernando che poi mi lascerà. Il ministro si chiama Luiz CABAÇO.

Il ministro é un bell’uomo alto, nato in Mozambico ma oriundo portoghese. Una barbetta al mento gli toglie quel tanto di giovinezza che potrebbe apparire eccessiva. Un caffè, un the e, poi, dopo aver salutato Fernando, iniziamo un colloquio aperto e fitto. Il ministro parla un italiano perfetto.

Per prima cosa egli mi illustra la situazione mozambicana e le sue interpretazioni e convincimenti. Va anche a prendere una carta murale dell’Africa politica per illustrarmi meglio anche la situazione internazionale. Ad esempio, la delegazione che ieri abbiamo preso a bordo a Lusaka, era il ministro degli esteri che aveva avuto un incontro con una commissione CEE insieme ad altri Paesi della regione.

Mi illustra anche la situazione economica vicina all’ingovernabilità. Non crede opportuno un incontro tra Governo (FRE.LI.MO, Frente de Libertaçao de Moçambique) ed il MO.NA.MO. (Movimento Nacionalista Moçambicano). L’illustrazione dura un’ora abbondante, ma potrebbe durare di più ed eventualmente si ripromette in incontri successivi.

Al termine, intervengo rifacendomi alle sue considerazioni:

1. Credo vi sia un grosso problema culturale che uccide gli incontri, come quello fallito nel 1984 auspice il Sudafrica e che ora pesa negativamente sulla possibilità di altri incontri. Spesso si crede di dialogare e, invece, si fanno due monologhi apparentemente in dialogo, ma su due versanti opposti.
Rifacendomi alla sua lettura della situazione, faccio notare che il governo (secondo quanto egli afferma) vuole costruire una nazione e per questo vuole promuovere i villaggi come centri di aggregazione. Ammette che molte di queste iniziative sono fallite. Gli altri, invece – a suo dire – lavorano per ricostruire le unità tribali e ridare voce e potere al capo ed allo stregone. Quindi, un progetto di non “mozambicazione”.
Pertanto bisognerà prendere coscienza che nel discorso si intendono due realtà diverse e contrapposte. Finché non si prende coscienza di questo, é inutile parlare di URSS-USA.

2. Bisogna rovesciare il punto focale del discorso. Se “A” non va bene, vediamo di discutere su “B”. Questo “B” potrebbe essere identificato nella parola “popolo”, bene del popolo. Ma bisogna approfondire il concetto per incontrare il punto di convergenza.

3. La parola “popolo” deve essere caricata – come lo é – di una valenza anche ideale. Una carica di “spiritualità” che mobiliti non solo il freddo calcolo.

4. Iniziare a trattare da punti minimi su cui é possibile l’accordo, in modo da tessere una ragnatela di piccoli rapporti che impediscono sempre più la rottura della guerra.
Ad esempio: il governo ha bisogno di pane per il popolo. E’ un discorso umano. La guerriglia deve permettere il transito; magari con una contropartita che, ad esempio, potrebbe essere la commercializzazione. E così via, tanto per esemplificare.

5. La trattativa deve essere personalizzata e procedere per gradi di apprezzamento delle singole positività.

6. E’ quindi per me importante personalizzare le relazioni, anche mie con il presidente e con la globalità del governo, in modo da recepire e quasi essere garante di una volontà.

7. Se é vero che, a giudizio del ministro, il cosiddetto presidente, che é nella boscaglia e conduce le operazioni militari, essendo uno che vive a contatto con il popolo é più sensibile al richiamo del Mozambico a diversità dei membri politici che vivono a Lisbona e, quindi, meno sensibili al popolo; allora io ho ragione quando insistentemente ho chiesto di incontrare il capo della guerriglia. Se é possibile, naturalmente.

8. Il governo, se farà questo tipo di discorso, sarà veramente un governo progressista ed il Mozambico potrebbe essere punto di riferimento storico per altri Paesi africani.

Il ministro afferma di trovare del nuovo nelle nostre proposte. Ne parlerà con simpatia al presidente per provocare un incontro con me. Gli sembra opportuno coinvolgere altri ministri. Il suo, dichiara, é un ottimismo cauto e personale.

Comunque, pone due questioni da approfondire:

1. Il rapporto é squilibrato tra uno stato e dei ribelli; quindi, la forma.

2. L’interlocutore: il capo della guerriglia in Mozambico non dovrebbe essere allontanato per far posto al politico di Lisbona.

Sono problemi cui pensare; mi farà conoscere altri eventuali problemi che il presidente potrebbe porre. Intanto, rispondo al primo quesito: neppure tra Reagan e Gorbaciov c’era equità di rappresentanza formale! Mi sembra che questo lo convinca un po’.

Ma l’ambasciatore jugoslavo attende da troppo tempo che noi finiamo il colloquio. Così, alle 11:45 ci salutiamo. Quasi tre ore di colloquio.



Compleanno a Maputo

Il ministro CABAÇO mi aveva assicurato che si sarebbe fatto vivo in serata per combinare il giorno dopo. Ma in serata, niente; e in mattinata di venerdì, niente lo stesso. Due volte ho cercato di contattare per telefono, ma non c’è. Non so proprio cosa pensare: é una brutta battuta d’arresto.

Venerdì 7 febbraio. Sono le 20:15 quando sto per uscire; mi telefona il ministro scusandosi di non aver telefonato prima. Mi dice che ha fatto un promemoria per il presidente e che domani lo farà recapitare alla segreteria della presidenza. Una risposta é prevista per lunedì. Potrebbe anche darsi che il presidente mi dia udienza sabato; ma io insisto che giovedì devo ripartire.

Mi chiede se andrò con Fernando a Praia Do Bilene per il week-end e me lo consiglia. Comunque, se dovessi restare, egli potrebbe fare una passeggiata con me e parlare. Mi dà il numero di telefono governativo tramite il quale egli é sempre rintracciabile e mi dice di telefonare liberamente se ho qualche problema.

Intanto giunge la brutta notizia che Suor Luigia Amalia dell’Istituto delle Missionarie della Consolata, rapita tempo fa, é stata uccisa , sembra per non cedere alle voglie dei guerriglieri.

9 febbraio 1986. Oggi é il mio compleanno. Stamane, mi sono svegliato non particolarmente entusiasta. Sembra che qui non si muova nulla. Ieri, il ministro mi aveva assicurato che verso le 20:00 mi avrebbe telefonato per organizzare un incontro per oggi: ma ho atteso invano.

Non so cosa pensare. Qui, mi dicono che tutto é perfettamente mozamiquegno. Comunque stamane ho sentito il fatto di un compleanno senza gli auguri di mia madre e degli altri.

Ho concelebrato con Padre Luca: mi ha dato lui gli auguri all’inizio della Messa ed anche una rappresentante del popolo. Oggi é domenica. Le letture della Messa e la predica di Padre Luca mi hanno tirato su: Dio sa quello che fa e dove vuole arrivare!



Secondo incontro con il Ministro dell’Informazione Luiz CABAÇO

Sono le 10:50 quando ricevo la telefonata dal ministro: mi chiede se vado a fare una passeggiata con lui. Tra cinque minuti passa a prendermi davanti alla chiesa. Era previsto che io partecipassi un po’ al consiglio pastorale della parrocchia, ma, ormai, non posso. Vado solo per un saluto.

Il ministro passa a prendermi con la sua auto privata ed iniziamo un lungo giro della città, chiacchierando. Naturalmente il tema é quello della pace anche se qua e là il ministro mi fa notare qualcosa della città.

Insisto per poter incontrare il presidente.

Poi, proseguendo l’analisi delle prospettive della RE.NA.MO (Resistência Nacional Moçambicana), parla di possibili ispirazioni vetero-colonialiste che finanziano l’operazione. Qui, indico una pista di lavoro: io dico che bisogna imparare a decodificare i progetti politici o non politici. Potrebbe anche darsi che, dietro eventuali posizioni colonialiste, possa esserci semplicemente la volontà di fare affari, magari come ai vecchi tempi. Questa prospettiva di base potrebbe essere ammantata da altre vesti, in modo conscio o inconscio. Allora, perché il governo non tenta di capire le vere aspettative dell’organizzazione che é dietro la guerriglia e, eventualmente, aderire in quelle cose dove é possibile?

Al ministro piace molto questa possibilità di analisi e mi raccomanda di parlarne al presidente, se avrò udienza. Comunque mi assicura che, nel dannato caso di impossibilità d’incontro, egli si farà convinto portatore del nuovo che ha ascoltato. Mi aggiunge che, sia che il presidente mi riceverà qui a Maputo e sia che noi due dovessimo prendere l’aereo per raggiungerlo, egli chiederà al presidente di potergli parlare da solo per una mezz’ora, prima di incontrare me; ciò per preparare il terreno.

Tra le cose del nostro colloquio, é entrato l’argomento dei vescovi del Mozambico. Sull’argomento, tiene a precisare, che se vi fosse anche un lontano zampino dei vescovi, tutto sarebbe chiuso: c’é troppo urto tra episcopato e governo. Lo rassicuro: non vengo a nome dei vescovi, né di alcun potentato, né del Vaticano, né come cattolico o cristiano, anche se lo sono. Vengo come francescano: per questo ho indosso l’abito; alle mie spalle c’é solo il Centro di Assisi: questo lo rassicura.

Parlando di certi argomenti, ad un certo punto, ho l’impressione che voglia confidarmi qualcosa da trasmettere al Vaticano; alla mia dichiarazione di eventuale possibilità, egli mi dice che hanno accesso molto facile con il Vaticano. Il presidente ha parlato un’ora a quattr’occhi con il Papa – che parla portoghese – e ne é uscito entusiasta. Egli stesso, il ministro, ha potuto valutare positivamente l’intelligenza di Monsignor SILVESTRINI e la prontezza del Cardinal CASAROLI a capire i problemi. Quindi, o io ho interpretato male, o, per adesso, l’argomento é chiuso.

Intanto, con la macchina, arriviamo in un punto della spiaggia in periferia nord. Vuole vedere ed indicarmi il punto dove i ribelli hanno messo due bombe. Un ragazzo é morto ed un altro é rimasto ferito. Si meraviglia forte di come la spiaggia sia piena di gente: «Deve essere il senso di fatalismo insito in questo popolo», commenta.

Nel riaccompagnarmi, mi fa passare per la zona del governo, al di là delle sbarre. Mi mostra la sua casa e, poco dopo, il figlio in bicicletta che lo saluta. Un ragazzino di circa dodici anni.

Mi parla un po’ di amici italiani, specie di Trento. Ormai siamo arrivati al convento. Al di là di quella corda che noi del convento non possiamo oltrepassare. E’ mezzogiorno. Entro domani mi darà risposta sull’incontro con il presidente.

Nel pomeriggio c’é una liturgia di pace organizzata dai francescani e dalle francescane di Maputo: é un caso piacevole. Ho l’occasione di fare un breve intervento.

A sera, alla Messa delle 18:00, c’é Fernando. Dopo la Messa mi incontro con lui e mi dice che, atterrando all’aeroporto, ha visto tutto lo schieramento usuale di quando arriva o parte il presidente. Egli crede che sia rientrato proprio pochi minuti dopo di lui.

Vediamo come si svolgeranno le cose.



La Terra delle attese

11 febbraio 1986. Ho atteso tutto ieri che il ministro mi facesse sapere qualcosa. Mi aveva promesso che, al più tardi in serata, avrebbe avuto una risposta: invece, niente. Alle 21:30 ho telefonato io, ma non c’era a casa. Stamane, quindi, il mio morale non é alto, da quando mi sono svegliato. Dopo la Messa, ho fatto una passeggiata, poi ho iniziato questo secondo giorno di attesa. Sono lunghi i giorni di attesa in cui non hai nulla da fare!

Stamane, poi, mi hanno detto che se voglio passare per Johannesburg devo pagare di più: assolutamente non mi conviene. In fondo, per guadagnare un’ora, non posso spendere delle cifre spropositate. Vorrà dire che dovrò passare più di ventiquattrore a Lusaka, sperando che il tentativo fatto non danneggi il biglietto!

Sto imparando ad aspettare, anche se, qui, mi nasce un atto di ribellione. Alle 10:30 ho telefonato al ministro: non risponde nessuno. Mi sento sperso e prego la Madonna di Lourdes.

Intanto, Padre Gilberto é partito per Xai Xai (MOZAMBICO). Ieri sembrava non potesse partire per mancanza di combustibile. Tutto era rimandato a venerdì. A dir la verità, ne ero contento: invece parte stamani invece di stasera. Anche questo aggiunge un po’ di pessimismo.

Il caldo umido non aiuta a lavorare. L’unico conforto é pensare che in Italia adesso fa freddo!

12 febbraio 1986. Da tre giorni aspetto ogni momento, senza muovermi, eccetto che una breve passeggiata in ore in cui non avvengono comunicazioni. Tre giorni che aspetto intensamente, dopo gli altri tre giorni che ho atteso. Ormai ho perso ogni speranza e attendo la partenza con amarezza.

Mi meraviglio della calma invidiabile che ho in questo viaggio. Le attese estenuanti per l’aereo, le attese qui, sembra mi pesino. Solo ne calcolo la nullità.

Stamattina, Fernando non mi ha telefonato. Mi ha raggiunto solo a mezzogiorno o, meglio, gli ho telefonato io. Non aveva ancora telefonato al ministro. Dopo mezzogiorno, infine, mi ha comunicato che la signora del ministro gli aveva detto che il marito era in riunione. A lei ha lasciato il suo numero di telefono con preghiera di una telefonata urgente. Ora sono le 16:00 ed io non so ancora nulla.

Stamane, qui al di là della strada, c’erano molte auto governative e, addirittura, due autoblindo. I Frati di qui dicono che le autoblindo non le avevano mai viste qui. Verso l’una, quando con Padre Armindo sono andato a prendere una boccata d’aria, le auto sono partite con gran movimento di soldati: c’era anche il presidente.

Ora attendo ancora. Attendo il biglietto via Johannesburg; attendo il visto per il Sudafrica. Qui é la terra dell’attesa. Padre Gilberto é riuscito a ripartire dopo tre tentativi fatti all’aeroporto. Il biglietto doveva essermi consegnato lunedì mattina o, al più tardi, in serata: ora siamo a mercoledì sera e niente ancora.

Alle 18:00 andrò a celebrare la Messa delle Ceneri.



Incontro con il Presidente Samora Moisés MACHEL

Dio é grande! Stasera, alle 20:20, il ministro mi ha telefonato. Domattina il presidente mi riceverà per una conversazione. Penso a quanti hanno pregato e pregano e penso alla mia mancanza di fede.

Riprendo la cronaca dall’aereo della L.A.M. che mi porta da Maputo a Johannesburg. Ho fatto cambiare il biglietto perché l’attesa per il volo verso Roma dovrebbe essere molto meno e, inoltre, ho la possibilità di visitare una realtà sudafricana. Inoltre, tra le speranze aggiuntive, c’era anche la vaga possibilità di incontrare il Sudafrica il capo o qualcuno della guerriglia.

Dunque, stamane mi sono alzato un po’ prima; una doccia, l’Ufficio anticipato e la Messa applicata pro Justitia et Pace. Alle 07:30 viene Fernando che mi darà qualche risposta ad alcune richieste che ieri, nel dopocena, gli ho fatto. Il nipote, vice-ministro della sanità, potrà darmi alcune informazioni utili. Infatti, mi sono preparato, anche colloquiando con lui, all’incontro con il presidente Samora Moisés MACHEL.

Dalle 08:30 in poi devo essere pronto per attendere la telefonata del ministro CABAÇO che mi dirà l’ora dell’incontro. Alle 10:15 CABAÇO mi dà mezz’ora di tempo, poi, alle 10:45 verrà a prendermi per l’incontro previsto per le 11:00. Sono pronto: in abito. Alle 10:45 CABAÇO, con l’auto del ministero, la bandiera ed un militare oltre all’autista, viene a prendermi. La residenza é a due passi. Un gran scattare sull’attenti da parte dei militari.

Siamo introdotti in sala d’aspetto. Il tempo che CABAÇO fuma una sigaretta. Egli non sa che dovrà venire anche lui; ma l’invito é esteso anche a lui.

Il presidente, in divisa militare, mi attende nella sala. A dir la verità, non l’avevo riconosciuto poiché appare molto più giovane di quel che ho visto in foto. Inciampo sulla porta e mi trovo a dargli la mano con calore. Il flash di molte foto. E, dopo i primi complimenti, il presidente mi domanda quanti anni ho: «Cinquantatre, signor presidente!». «Oh! La mia stessa età!». E questo aggiunge simpatia.

Ci mettiamo a sedere. Vi sono cinque divani in pelle nera e legno. Uno, al centro, dove siede il presidente e due per parte. Io siedo a destra, a portata del presidente che si é seduto dal mio lato. Di fronte a me il ministro CABAÇO che il presidente prega di fungere da interprete. Poco dopo, entra un giovane che scrive; lo stenografo? Interviene una sola volta durante il nostro discorso.

Il presidente parla un portoghese molto limpido e per me diventa quasi (non sempre) superflua la traduzione. Lo stesso é per il mio italiano. Il presidente mi studia a fondo. Mi hanno prevenuto che é un intuitivo. Inizia il discorso ponendo lo status questionis. Soprattutto, tende a sottolineare questi concetti:

1. Perché in Italia chiamate “terrorista” certa gente e qui in Mozambico la stessa gente deve essere gratificata del titolo di “opposizione”? Non sono forse dei terroristi?

2. Lo stato é importante. La nazione é importante. Noi siamo orgogliosi della nostra storia, della nostra cultura, delle nostre persone. Nello stato ci sono cattolici, protestanti, musulmani (qui fa riferimento all’Arabia Saudita che vuole interferire solo perché ci sono cinque milioni di musulmani). Tutti, credenti ed atei, sono cittadini dello stato. Ma lo stato é laico, rispettando tutti. «Ho parlato» dice «col Papa a quattrocchi per un’ora. Egli ha approvato questa visione. E’ un grande uomo, il Papa!».

3. Io vorrei sapere cosa vogliono i terroristi. Non riusciamo a definirli. Essi sono mozambicana e nulla dovrebbero avere a che fare con gli stranieri.

4. Mostra tutta una lacerazione anti-colonialista. «Guardi» mi dice «il ministro CABAÇO solo perché é nato in Mozambico – benché portoghese – era considerato di seconda categoria e non avrebbe avuto accesso alle cariche dello stato.

Quando parlo io, sta molto attento: vuole capire. Forse sarà per una lavata di faccia, ma mi dice che é rientrato prima apposta dalle sue vacanze. Lo ha deciso non appena ha letto il rapporto di CABAÇO. Approva le linee; soprattutto il concetto umanitario e la nostra metodologia. Lo impressiona molto il punto di riferimento centrale che io pongo: il popolo. Qui, addirittura, diventa lirico!

Ma, dopo la metodologia, io dico che bisogna andare al concreto. Cosa posso fare io? Credo che l’ideale sarebbe parlare con il capo della guerriglia. Sarei disposto anche all’avventura di andare nella boscaglia. Gli dico che, per il mio ritorno, ho scelto la via di Johannesburg proprio per l’esigua speranza di incontrare qualcuno. Egli mi dice che ciò é più facile in MALAWI.

Scendendo ancora al pratico, gli chiedo cosa io possa fare di preciso e quale mandato il presidente vuole darmi. Le combiniamo e io chiedo il permesso di scriverle. Questo il mandato che ho:

1. Cercare di conoscere chi sono e cosa vogliono i terroristi del Mozambico ed i politici del Portogallo e, eventualmente, certi gruppi sudafricani e USA (non REAGAN e la sua amministrazione, specifica). Cercare le loro motivazioni socio-psicologiche. Ma, nei miei contatti, non devo dire di aver parlato con il presidente. Ufficialmente, ho parlato con il governo in generale.

2. Se parlo con i mozambicana, dietro c’é il problema del trialismo.
Se con i portoghesi o con altri stranieri, far capire che stanno camminando contro la storia. Collaborando col governo, potranno fare più soldi di quanto ora sperino. Egli é favorevole.

3. Parlare dei morti, dei mutilati e delle sofferenze del popolo.

4. Buoni contatti così svolti possono aprire le porte al negoziato, ma sempre a livello umano, come primo passo, e con me da garante.

5. Alla mia richiesta se posso appoggiarmi, ad esempio, all’ambasciata di Roma (ma c’é solo un console onorario), mi specifica di non utilizzare troppi canali di comunicazione. Unico intermediario é CABAÇO.

6. All’altra parte dire che ho parlato solo con il governo: Non coinvolgere il presidente.

7. Ho la massima libertà di trattare e di prendere iniziative, sempre sul piano umano. Egli mi accoglierà.

8. Posso promettere amnistia, lavoro, sviluppo e partecipazione.

Ci lasciamo che sono le 12:30. Il presidente, tenendomi per mano, mi accompagna (ancora fotografi) e, per un po’, ci diciamo qualcosa in francese, solo noi due. Quindi, il saluto con un arrivederci in Italia o in Mozambico.



Partenza da Maputo

Dopo il presidente, il ministro mi porta a casa sua a prendere un aperitivo e a concretizzare l’incarico che il presidente gli ha dato. Ne parliamo. Egli potrà utilizzare il numero del mio ufficio ed eventualmente riferire a Maria, sotto la dicitura di “Luiz”. Io é bene che utilizzi il centralino del governo, ma non lasciare messaggi eccetto il nome e, eventualmente, l’orario per richiamarmi. Egli, se le necessità lo esigono, per qualche comunicazione più ampia, é disponibile a fare un salto in Italia. Comunque, quando tornerà in Italia, si farà vedere.

Alle 13:30 mi riaccompagna a casa. Per la mia partenza, mi manderà uno del protocollo che si occuperà delle formalità. Io sarà sufficiente che arrivi quarantacinque minuti prima.

Appena rientrato, con Padre Armindo, prima di tutto andiamo in cappella a ringraziare il Signore. Poi, a pranzo, viene anche Fernando (di lui il presidente mi ha parlato come iniziatore del colloquio) e parliamo sul da fare. Tutto é molto urgente e Padre Manuel ha adesso la palla in mano e deve muoversi alla svelta.

Prima di andare all’aeroporto, Fernando mi porta a conoscere il nipote che é vice-ministro della sanità. Colui che é stato il suo primo confidente. Parlo con lui della situazione.

Finalmente andiamo all’aeroporto: c’é anche Padre Armindo e Rosa. Andiamo nella sala VIP e ci fanno salire dopo che sono saliti gli altri.

L’aereo per Johannesburg parte puntualissimo.

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Viaggio in PORTOGALLO
11 – 15 marzo 1986


Il sole di Lisbona

Prendo l’aereo per Lisbona alle 10:00 da Fiumicino. Abbiamo avuto difficoltà economiche per questo biglietto: Padre Manuel ha procurato 150.000 lire ed il Centro ha dato 400.000 lire; Vittorio PULCINELLI ha girato a me un rimborso che doveva avere dal Centro per 81.000 lire circa. Un viaggio iniziato con povertà di mezzi, da francescani! Ma con l’aiuto della preghiera di molti. Come sempre, le monache di Santa Chiara e le suore dell’infermeria del Giochetto pregano per questa intenzione.

Vado in Portogallo per incontrare Evo FERNANDES, segretario generale della RE.NA.MO. (Resistência Nacional Moçambicana) e Jorge CORREIA, della informazione e coordinatore in Europa. Sono due chiavi per aprire la possibile trattativa.

L’aereo fa scalo a Milano da dove riparte alle ore 12:00. Alle 14:30, puntuale, l’aereo atterra a Lisbona. Addirittura in anticipo, credo. Qui sono però le 13:30. Con un attimo di ritardo, dovuto alle formalità di frontiera praticamente nulle e che quindi anticipano l’uscita, giunge l’amico Fernando BRÀS DE OLIVEIRA che é il demiurgo di questa avventura di pace, insieme a Padre Manuel NEVES che, ieri sera, ha avuto con me un lungo colloquio.

Fernando, nella sua gentilezza, mi porta subito a dare uno sguardo a Lisbona, dalla terrazza panoramica di Monsanto. E’ una giornata bella, di sole. Un sole che calca i colori degli alberi e dei fiori, come da noi a Napoli. Per chi viene da Milano – dove ha lasciato un cielo cupo e nebbioso – il sole di Lisbona dà il senso di una vita piena. L’anticipo dell’aereo lo usiamo, quindi, per un breve giro panoramico.

La mia destinazione é la Curia provinciale O.F.M. in rua Silva Carvalho n. 34, praticamente al centro di Lisbona. Qui mi riceve con tanta fraternità il Ministro Provinciale padre Antonio MONTES, che é l’unico a conoscere lo scopo della mia visita.


Primo incontro con Evo FERNANDES e Jorge CORREIA

L’incontro con Evo FERNANDES e Jorge CORREIA é fissato già per le ore 16:00: Approfittiamo del tempo disponibile per trattare la questione tra Fernando, il Ministro Provinciale e me. Si parla dei risvolti umani e di quelli politici, compreso il governo portoghese che ha avuto colloqui con la delegazione mozambicana venuta per l’insediamento del nuovo presidente Mario SOARES, ieri l’altro.

Si pensa – e ne fa certo fede quanto pubblicato sui giornali – che il governo mozambicana abbia chiesto che l’attività della RE.NA.MO. in Portogallo venga limitata: “O ministro para os asuntos economicos de governo de Moçambique, disse ontem, aos jornalistas, ter recibido garantias das autoridades portoguesas de que actividade da RE.NA.MO. no mosso pous iria ser limitada”. Tutto questo potrà portare difficoltà.

Discutiamo, poi, se é il caso che io venga lasciato solo a parlare con i due , oppure se siano presenti anche Fernando e Padre Antonio. Padre Manuel aveva suggerito che Fernando potesse essere presente. Si giudica però meglio che io resti solo. Fernando fa riferimento al ministro CABAÇO in Mozambico che ha preferito parlarmi da solo benché già conoscesse Fernando. In aggiunta, pensando che i due potrebbero essere seguiti da loro personale, Fernando preferisce andare via prima. Non si sa mai con le sue frequenti presenze di lavoro commissionato in Mozambico dal governo.

FERNANDES E CORREIA, per telefono, pregano di spostare l’incontro alle 18:00, a motivo di uno sciopero dei treni che non permette loro di giungere. Alle 18:00 sono puntualissimi, chiedendo scusa più volte per il ritardo.

Evo FERNANDES é sulla quarantina, forse, ma portati molto bene. Personalmente non gli do più di trentacinque anni. E’ di razza indiana, con un inglese piacevole e con niente affatto accentazione tipica degli indiani. E’ simpaticamente riservato. Jorge CORREIA credo sia più giovane. Ha capelli aperti , da artista. Cordiale, ma per nulla appare irruente come mi era stato descritto. Si pone chiaramente in secondo piano, facendo parlare quasi esclusivamente FERNANDES.

Il colloquio avviene nella sala della biblioteca. Una biblioteca piccola, ma arredata con molto buon gusto. Un bel tavolo di noce al centro. Proviamo ad accomodarci di qua e di là dal tavolo. Ma mi ricorda troppo l’idea di una delegazione che fronteggia un’altra. Voglio che l’incontro sia familiare. Invito, pertanto, FERNANDES a mettersi nella poltroncina a capotavola, avendo Jorge alla destra e me alla sinistra. Stiamo più vicini e si parla meglio. Le tende delle finestre fanno appena passare una luce tenue, come si addice alla biblioteca.

L’inizio del dialogo é un tantino stentato nei convenevoli, ma subito do inizio al ragionamento ed ai problemi. Parlo dello scopo dell’incontro e accenno ai punti metodologici dell’incontro interpersonale, della collazione di quanto é positivo, della necessità di una convivenza tra FRE.LI.MO (Frente de Libertaçao de Moçambique) e RE.NA.MO.. FERNANDES, pur apprezzando l’idea dell’incontro umano, dice chiaramente che esso potrà essere pure una bella cosa ma che da solo non serve a nulla. Ci sono questioni ben precise. Le politiche del FRE.LI.MO e del RE.NA.MO. sono non solo diverse, ma contrastanti. Incomincia qui un discorso molto impegnativo per far comprendere la peculiarità della trattativa, con l’evidenziamento di quanto può unire e di quanto di positivo vi può essere nell’altro.

FERNANDES é tipo dall’intelligenza chiara e fredda. Egli dice di essere freddo nell’intelligenza, ma poi caldo nell’azione. Molte volte non riusciamo a spiegarci bene. Sembra che le nostre mentalità siano lontani anni luce, anche se forse sono più vicine di quanto possa sembrare. FERNANDES tenta sempre di riportare il discorso sulle questioni pratiche, sulle condizioni di una trattativa; mentre io cerco di rialzare il colloquio nel tentativo di inserirvi una dimensione ideale ed una carica di ottimismo della volontà che renda meno aspro il possibile incontro e funzioni da olio negli ingranaggi.

La sua dialettica é tagliente. Anche al mio appello alle migliaia di morti, alle sofferenze estreme di tanti, egli risponde con controdeduzioni che parlano della necessità di non rendere vane le morti e le sofferenze fin qui patite. La simpatia reciproca e la garbatezza estrema si fanno sempre più spazio nel nostro colloquio, ma ciò non significa che esso é meno difficile.

Luiz CABAÇO era – o si mostrava – più aperto ai valori ideali. Forse perché non si sentiva costretto a far accettare alla controparte quel che sembrava pacifico: cioè l’esistenza di uno stato già strutturato cui gli altri, alla fin fine, avrebbero finito per sottostare, magari in cambio di qualche posizione o di qualche piccolo cambiamento.

FERNANDES, invece, vede con chiarezza che la trattativa deve sfociare verso alcuni punti non rinunciabili: libertà politica, fine del regime, libere elezioni, strutturare una costituzione. E, poi, discussione sul futuro amministrativo, sulla struttura economica dello stato, sulla collocazione internazionale non dipendente.

Faccio notare che questo vuol dire chiedere il suicidio politico della attuale classe dirigente. Non si può chiedere tutto. E, poi, cosa pensare del necessario periodo di transizione? Cerco tutti i modi per saggiare il terreno alla ricerca di qualche varco e di qualche possibilità di arretramento. Faccio presente due possibilità, tanto per avere un qualche orientamento, prefigurandomi un futuro possibile. Un governo di coalizione in cui, naturalmente, una parte degli attuali governanti dovrebbe cedere potere; e la possibilità di congelare le attuali posizioni amministrando i territori con la concordia possibile. Mostra di approvarle.

Chiedo di poter conoscere eventuali condizioni che la RE.NA.MO. possa mettere. Lo faranno conoscere. FERNANDES mi porterà per scritto le condizioni.

Approfitto, intanto, per fare una maggior conoscenza anche di Jorge che é intervenuto solo per dare qualche spiegazione.

Quando ci lasciamo sono le 21:00. E’ stato un lungo colloquio, interessante. Il prossimo appuntamento é per giovedì 13 alle ore 16:00.

Prima di congedarsi, mi esprimono il loro apprezzamento: Anche io faccio altrettanto. Credo siano ambedue sinceri.



Sisimbra

Ormai é tardi. Mangio qualcosa in fretta e poi sono libero per riordinare le idee. Fernando BRÀS DE OLIVEIRA telefona più tardi per informarsi di come si sia svolto il colloquio. Ci diamo appuntamento per domani, 12 marzo: egli mi condurrà a Sisimbra, un villaggio sulla riva del mare, e resteremo lì a colazione.

E’ quasi mezzogiorno, quando l’ingegner Fernando viene a prelevarmi. Il tragitto per Sisimbra mi permette di parlare con lui dell’incontro avuto e di ammirare, nel frattempo, il panorama che é veramente interessante e lieto. Fernando é contento di mostrarmi le cose belle di Portogallo.

Sisimbra é un villaggio abbastanza grande che scende giù verso la piccola spiaggia raccolta in un golfo tutto affacciato a mezzogiorno. A metà discesa, la chiesa matrice di una qualche pretesa architettonica. Il mare é calmo o quasi. Sulla spiaggia, sulla riva e sulle case, decine di gabbiani: segno che il tempo tende al brutto. Fa piuttosto fresco ed io non sono eccessivamente ben coperto. Non immaginavo di trovare l’inverno a Lisbona!

E’ la terza volta che mi accade di essere ingannato dalla latitudine e, pertanto, della Libia, visitata in novembre-dicembre, ricordo il freddo; così come ricordo la neve di New York in aprile, tanto da dovermi comprare il vestiario. Ed ora anche a Lisbona. Ho sempre la mania di sognare il sud caldo!

C’é un ristorantino proprio sulla spiaggia a Sisimbra. Dal primo piano, dove sono i tavoli, si gode il panorama del golfo, dato che la parete é un’unica finestra. Per il pranzo: pesce, naturalmente! Squisite vongole alla marinara – più grosse di quelle nostre dell’Adriatico – una formetta di cacio caprino, sgradevole all’olfatto ma non cattivo al gusto. Poi una pietanza di arrosto. Un taglio di pesce imperatore (così si chiama in portoghese, ma non saprei dire in italiano) dal gusto pronunciato. Quindi una triglia che, da sola, fa una pietanza: é grande come da noi non se ne vedono. Tutto molto buono.

Dopo pranzo, mi porta a vedere la sua villa. Non avevo capito che qui egli aveva una villa. Potrei dire che é un capolavoro di genialità e fantasia. Si entra per un vialetto racchiuso dal verde, tanto da sembrare un corridoio nel bosco; quindi, la villa in cemento armato, che si adagia sulla collina scoscesa, tanto da formare tre piani ed ognuno é pian terreno alla propria quota. Distribuzione dei vani ed arredo, tutto molto fantasioso. Davanti, di tra gli alberi, lo sfondo del mare. Un posto tranquillo dove resto un buon quarticello gustando un po’ di musica di fronte al mare.

Nel ritorno, Fernando mi fa vedere la casa paterna: una fattoria dove, ora, sono distribuite case di alcuni fratelli. Ricordo, con nostalgia, il forte odore di eucaliptus che fa sognare una salubrità dell’aria veramente eccezionale.



Fatima

Ho intenzione di andare a Fatima e desidero andarci domani, 13 marzo. Partendo al mattino, non potrei tornare in tempo per le 16:00, quando ho appuntamento con Evo FERNANDES e Jorge CORREIA. Il Ministro Provinciale mi consiglia di partire questa sera per Leiria e da lì, domattina, mi sarà facile raggiungere Fatima con un auto del convento. Egli telefona al Padre Guardiano.

Vado a Leiria con il pullman: più di due ore. Caso vuole che Padre NEVES, del convento di Latria, parta con lo stesso pullman; una felice coincidenza che mi permette di conversare fino a Latria, in francese: mi meraviglio di averlo così fluente.

Non é possibile vedere il panorama: un’acqua insistente e abbondante ci accompagna per tutta la strada ed il buio presto scende fitto. Ho portato l’ombrello ed é una fortuna perché dalla stazione “rodoviaria” al convento piove forte. Giungiamo che é ora di cena: le 19:30.

E’ un ampio convento con belle stanze; una grande chiesa con casa da ritiro annessa e molto ben curata. Vi é anche il gruppo vocazionale. Sono in tre, tra cui il Padre NEVES che ha viaggiato con me.

Al mattino partiamo con l’auto alle 8:30 per Fatima. I due Frati che mi accompagnano hanno il pensiero gentile di farmi fare una strada non praticata, ma oltremodo panoramica. Ci fermiamo anche vicino ad una chiesetta da dove si gode un panorama magnifico, quasi a 360 gradi. Ma tutta la strada é bella, con i suoi boschi, i suoi eucaliptus, le sue poche case sparse.

Finché giungiamo a Fatima, annunciata da un gruppo di case e, poi, da un monumento a forma di candela accesa. Vi sono molte fabbriche, forse troppe. Mi dicono che sono pensioni, per lo più gestite da religiosi.

Ed eccoci al santuario: non lo vedi finché non ci sei dentro. E’ la Cova da Iria; ho desiderato tanto venirci ed eccomi qui! La spianata é immensa. La basilica la sovrasta tutta. A fianco, la prima cappellina costruita sul luogo dell’apparizione, ora coperta da una custodia in cemento e vetro, ampia da poter contenere parecchia gente. Davanti alla facciata della cappella, appena spostata a sinistra di chi guarda, c’é la statua della Vergine. Poco più in là, in una rotonda, un grosso albero vuole rendere visibile quell’albero che era dove ora é la cappella e su cui apparve la vergine a Lucia, Giacinta e Francesco.

Non sapendo di preciso come stanno le cose, mi porto subito alla basilica; c’é un prete che spiega il Vangelo. Parla della quaresima, questo lo capisco, ma quel portoghese che leggo con una certa facilità, mi diventa inafferrabile quando lo parlano i portoghesi.

Sto poco in basilica: vorrei vedere le tombe di Giacinta e Francesco, ma non mi é possibile. Preferisco andare alla cappellina. Sono venuto per pregare soprattutto per la pace e per quanti aiutano con la preghiera. Mi metto calmo, dal lato destro di chi guarda, e recito le quindici poste del rosario. Cerco di concentrarmi: non so quanto abbia pregato bene, ma non credo che la Vergine non mi ascolti per questo. Cerco di sentirmi popolo e le donne che fanno il giro in ginocchio non mi danno alcun fastidio.

Posso restare un’ora e mezza, più o meno, non di più. Nel frattempo piove, ora più forte, ora più dolcemente. A Fatima piove spesso. Alle 10:30 devo lasciare perché il pullman per Lisbona parte alle 11:00. Ho però il tempo per dire – insieme al Vescovo (di Leiria?) e ad altri sacerdoti – una posta di rosario: il primo mistero gaudioso, l’annunciazione. Il prete invita a pregare per tutte le donne che portano in seno una vita umana. Dopo il rosario vi sarà la concelebrazione: infatti, il clero é tutto parato per la Messa.

Mi distacco con un bel po’ di nostalgia. Quando esco dall’ambulacro, é tornato un po’ di sole fra le nuvole. La gente é tutta raccolta attorno alla cappellina e la spianata é deserta nella sua ampiezza. Sulla striscia di pietra che, come una guida, taglia la spianata verso la cappella e la basilica, una donna cammina ginocchioni ed ha a fianco il marito che, pazientemente, le cammina accanto. Più su, proprio all’inizio della spianata, un giovanotto stringe alle ginocchia le speciali ginocchiere per procedere ginocchioni fino alla cappella. Intorno a lui sono in tre e posso appena intravederlo.

Esco dalla Cova da Iria che sono molto commosso e, quasi, piango. Il panorama attorno a Fatima é aspro. I piccolissimi appezzamenti di terreno, divisi e circondati da muri a secco, danno l’impressione che sono nati più dalla necessità di collocare le pietre da qualche parte, che dalla voglia di dividere i poderi. E di pietre ce ne sono ancora e quei campielli minuti rendono l’idea di una povertà atavica e fanno pensare ai tre pastorelli di Fatima per cui, certamente, il pane non era cosa da poter buttar via, come oggi si usa.

E’ inverno, ancora; intorno é verde, un verde fresco che si appresta ad annunciar primavera. I massi ed il verde tenero fanno tanto presepio col muschio. E, così, anche i monti che ci accompagnano per una strada un po’ malandata che ci porta verso Santarém e, poi, verso Lisbona.

C’é, lungo la strada, un certo numero di case con le facciate maiolicate. E’ una cosa tanto bella. Prevale il colore blu, ma c’é anche il colore terra di Siena. Non, però, colori chiassosi. In genere, sono disegni geometrici; a volte, addirittura, scene di monumenti, come a Santarém, o Madonne, solitarie su mura non maiolicate. Queste case – rare, in verità – danno il senso di una nobiltà d’animo più che di quattrini. I poveri, certamente, non potevano permettersi tanto maiolicato ed i ricchi di oggi preferiscono la pretenziosità degli intonaci colorati o di un po’ di pietra a mosaico. Non capiscono la bellezza di queste piastrelle su una facciata, anche modesta.

Dopo una trentina di chilometri da Fatima, il paesaggio si addolcisce, quasi d’un tratto, offrendo l’immagine di una buona terra coltivata. Si scende verso Lisbona.


Primo incontro con Evo FERNANDES e Jorge CORREIA

Evo FERNANDES e Jorge CORREIA fanno sapere che non potranno giungere per le 16:00, ma per le 17:00. Arrivano puntualissimi; Jorge con un po’ di anticipo. Evo, che viene da Cascais, ha sbagliato strada (ci sono due vie “Carvalho”), ma giunge in tempo ugualmente. Mi piace questa precisione e la correttezza del preavviso per inevitabili spostamenti di orario.

Ci accomodiamo nella bibliotechina ed il Ministro Provinciale porta una stufa, poiché non fa proprio tanto caldo. Jorge mi ha portato un po’ di materiale sulla RE.NA.MO.: programmi ed alcuni numeri della rivista “A LUTA CONTINUA”. Il titolo non é sorridente, come del resto lo stemma della RE.NA.MO. con alcune frecce rivolte verso il basso e la scritta “Morte e guerra ai nemici della Patria” (Guerra e morte ao inimico da Patria).

FERNANDES mi passa il suo dattiloscritto in una busta. E’ scritto in portoghese. Sono sette condizioni divise in due gruppi; il primo, di due punti, il secondo, di cinque punti. Li leggo attentamente; mi faccio spiegare il senso di qualche parola e di qualche espressione. Cerco di chiarificare i concetti, tentando di comprendere dove possa arrivare la negoziazione e dove inamovibilità.

Noto che vi é un certo margine di flessibilità che potrà essere utile. Questa certa disponibilità é sempre espressa con le parole: “tutto dipende dalla trattativa”. Del resto, il concetto più volte affermato del dare-avere é già di per sé un’apertura.

Il colloquio scorre abbastanza. Io importuno un po’, sempre per cercare di cogliere le linee di resistenza assoluta. I punti stesi da FERNANDES sono, in pratica, quelli già stampati (o, meglio, ciclostilati) nel programma della RE.NA.MO.. Immagino siano noti al governo di Maputo.

Tra le cose che introduco, vi sono alcuni concetti che il FRE.LI.MO. tirerà fuori: so che loro li sentono ingiusti ed offensivi (come quello di “banditi”), ma lo faccio per preparare il terreno e sentire le reazioni. Assicuro che trasmetterò il contenuto, nel modo che crederò opportuno, al governo di Maputo. Dovranno avere pazienza per il tempo: il tempo, però, non dà loro fastidio.

Sono decisamente negativi all’idea di concedere tregue militari: neppure di qualche giorno, in segno di buona volontà.

Come ultima cosa, mi chiedono come mai il Centro é impegnato in questa mediazione. Ossia, me lo chiede FERNANDES. Rispondo raccontando di come é avvenuto l’incontro con Padre Manuel NEVES e con Fernando BRÀS DE OLIVEIRA.

Per quanto riguarda le eventuali spese dell’incontro, come già nel primo colloquio, affermano di non poterle sostenere. Chi pagherebbe? Fernando BRÀS DE OLIVEIRA ed io preferiamo pensare ad una fondazione privata, prima di ricorrere al governo italiano.

Insistono, inoltre, perché il governo italiano e la Santa Sede siano informati. E’ meglio informarli prima, tanto non sono cose che si possono fare di nascosto. E’ anche una delle condizioni.

Ci scambiamo gli indirizzi e ci ripromettiamo di vederci in Italia, comunque. Ci lasciamo alle 19:30. Sono contento di averli avuti per interlocutori. Possono essere gli uomini giusti.

Devo aggiungere quanto segue: alla mia richiesta se é vero che il presidente della RE.NA.MO. – Afonso DHLAKAMA – abbia chiesto la mediazione del presidente dello ZIMBABWE, come afferma un dispaccio da Londra, mi assicurano che non é vero e che é frutto della controinformazione.

Per quanto riguarda la suora, data per morta – ma che é presso le forze della RE.NA.MO. – mi confermano che é così e che se il governo italiano o la Santa Sede riescono ad inviare un aereo, potranno portare fuori anche altri stranieri.

UOVO DI PASQUA AI BAMBINI DEL CASORIA

ASSISI PAX HA DONATO UN GRANDE UOVO DI PASQUA DI KG 10,00 AI BAMBINI PLURIMINORATI DEL CASORIA.
In Assisi vi sono due istituti per pluriminorati fondati dal servo di Dio Ludovico da Casoria. L’istituto che accoglie i piccoli bambini non vedenti e pluriminorati ha sede in via frate Elia a pochi passi dalla basilica di San Francesco. I bambini sono amorevolissimamente assistiti dalle Suore Bigie fondate da Padre Ludovico da Casoria.
Assisi Pax avendo vinto l’uovo pasquale di cui sopra, lo ha donato ai bambini tramite P. GianMaria, il Consigliere Cristiano Busti e Franco Busti.
L’uovo pasquale era stato messo in palio dalla Pasticceria Marinella di Santa Maria degli Angeli.

COI RAGAZZI DEL CARCERE MINORILE DI AIROLA (BN)

Come è possibile leggere nella newsletter del 16 marzo 2008, il 14 marzo 2008 il P. GianMaria, invitato dalla Direttrice del Carcere di Airola e dal Presidente della Associazione Scugnizzi il Socio Antonio Franco,insieme al Socio Mariano Piscopo, si sono recati a trascorrere una giornata coi ragazzi carcerati. Una giornata meravigliosa da cui molto si è appreso.

PRESIDENTE OFS TOSCANA

Il nostro socio Carlo Iannattone il 23 febbraio 2008 è stato eletto Presidente dell’Ordine Francescano Secolare di Toscana (Ministro OFS di Toscana).
Suo compito è quello di seguire ed animare le fraternità OFS di Toscana (circa 40) con oltre ottocento fratelli e sorelle.
A lui ogni buon augurio e le nostre congratulazioni.

AUGURI NAZZARENO

IL SOCIO E CONSIGLIERE NAZZARENO CECINELLI E’ STATO NOMINATO SEGRETARIO GENERALE VICARIO DEL CONSIGLIO REGIONALE DEL LAZIO.
A LUI OLTRE L’APPREZZAMENTO DI ASSISI PAX VA L’AUGURIO DI UN BUONO E PROFICUO LAVORO.

IN UMBRIA TV

Il 21 febbraio 2008, alle ore 20,30 Umbria TV ha ospitato la presenza di Assisi Pax nelle persone di Mario Casadei, Cristiano Busti, Massimo Pace, Cicchi Paolo e P. GianMaria. Conduttore della lunga trasmissione Roberto Verducci che è entrato a far parte della nostra Associazione.
Si avrà una replica domenica 24 alle ore 12,45.

LIBERIAMO LE DONNE DALLA TRATTA – AIUTIAMO IL PROGETTO DEL WUCWO

PRESENTIAMO UN PROGETTO FINALIZZATO ALLA PACE. IL WUCWO (UNIONE MONDIALE DELLE ORGANIZZAZIONI DELLE DONNE CATTOLICHE) ORGANIZZA A VERONA UN CONVEGNO CHE COINVOLGE DONNE DI TUTTA EUROPA. CHI HA POSSIBILITA’ AIUTI L’ORGANIZZAZIONE A RICEVERE I CONTRIBUTI NECESSARI DA ENTI ISTITUZIONALI O BANCHE ETC. FACENDO QUESTO FARA’ OPERA DI PACE.


UMOFC EUROPA 3-7 settembre 2008 VERONA

PROGETTO 2008 LIBERIAMO LE DONNE DALLA TRATTA

ENTE PROMOTORE
WUCWO / UMOFC Unione Mondiale Organizzazioni Femminili Cattoliche; Centro Italiano Femminile, Azione Cattolica Italiana.
Le persone responsabili dirette sono la Presidente regionale d’Europa Maria Giovanna Ruggieri, la Delegata Regionale del Centro Italiano Femminile del Veneto e la Vice Presidente Nazionale del Settore Adulti di Azione Cattolica.

OBIETTIVI DELLA CONFERENZA

  1. Forte momento di conoscenza, di presa di coscienza, di confronto, di discussione, di denuncia e di scambio di good practice tra le diverse azioni che si stanno portando avanti nei differenti paesi europei.
  2. contribuire ad elaborare il rapporto circolare prassi-teoria-prassi, rispetto ai diversi modelli di intervento con un approccio di ricerca-azione rispetto ai fenomeni specifici e correlati alla prostituzione e alla tratta.
  3. La Conferenza, al suo interno, prevede una sessione pubblica da tenersi in un luogo centrale della città di Verona per poter – alla presenza di autorità civili, ecclesiali e della realtà sociale – ribadire l’opposizione a questa attività criminale della tratta e lanciare un forte appello ai rappresentanti della Comunità Europea perché ci si impegni in modo organico e continuo affinché queste nuove forme di schiavitù possano essere cancellate.
  4. Si prevede di stilare, a nome di tutte le donne europee aderenti agli organismi presenti alla Conferenza, un documento da dare ad un rappresentante del Parlamento europeo che sarà invitato a questo momento pubblico.

SEDE
CUM – Centro Unitario per la Cooperazione Missionaria
Via Bacilieri 1/A 37139 Verona (località San Massimo)
Tel 045/8900329 – fax 045/8903199

ELENCO PAESI PARTECIPANTI
Paesi con organizzazioni membri dell’UMOFC : Spagna, Francia, Olanda, Germania, Svizzera, Austria, Italia, Malta, Lussemburgo, Inghilterra, Norvegia, Finlandia, Danimarca, Grecia, Polonia, Ungheria, Rep. Ceca, Slovacchia, Lituania.
Paesi osservatori : Lettonia, Portogallo, Irlanda, Belgio, Ucraina, Bielorussia, Russia, Romania, Bulgaria, Bosnia-Erzegovina, Croazia, Slovenia, Albania, Armenia, Georgia, Rep. Moldova.

PREVENTIVO SPESA

  1. vitto e alloggio per 30 persone per 5 giorni Euro 7.000;
  2. viaggio per raggiungere il posto Euro 20.000; (cfr.alleg.4)
    (queste prime due voci riguardano le partecipanti provenienti dai paesi dell’Est Europa)
  3. impianto per traduzione e traduttori Euro 13.000;
  4. spese organizzative Euro 5.000
    per un totale di Euro 45.000.

Referente del Progetto

Maria Giovanna Ruggieri
WUCWO EUROPE
Via San Martino, 32 04020 ITRI (LT)
Cell. 347 0935267
e-mail wucwoeurope@gmail.com