IL MASSIMO DELLA SICUREZZA E’ NELLA CIVILTA’

Proviamo a veder le cose da altro punto di vista. Entro in questo tema della sicurezza nazionale portando un contributo che mi deriva dalla mia visione della realtà legata al tema della pace come civilizzazione. In pratica cerco di far profezia, cioè di proiettarmi nel futuro per vedere se è possibile immaginare una possibilità di sicurezza che non sia legata alla protezione delle armi o dei numerosi addetti. Io cerco non di contabilizzare la sicurezza, ma di immaginare come sia possibile una convivenza sociale nazionale ed internazionale che non abbia bisogno di strumenti atti a proteggere da eventuali aggressioni. So di avanzare una proposta fuori dal coro e chiedo una benevola attenzione che aiuti a trasformare una possibile illusione in profezia che illumini un cammino.
Parto dall’idea che al principio dell’umanità ci fosse la pace. In principio erat pax. E’ una visione religiosa espressa con linguaggio religioso e noi sappiamo che ogni linguaggio porta conoscenza. La razionalità porta conoscenza, la musica porta conoscenza, la pittura porta conoscenza, come l’amore che ci fa capire verità nascoste nei cuori e così via. Anche la religiosità porta una conoscenza non dicibile con altri strumenti linguistici.
Ciò premesso, perché dovrebbe essere senza senso pensare una situazione sociale in cui non ci sia bisogno di una ricerca di sicurezza?
Facciamo un esempio molto di moda quest’oggi: l’economia etica che prevede l’attività economica non come sfruttamento, oppressione o rapina (pensiamo ai vari colonialismi), ma come attività umana che non è un fine, ma un mezzo dato agli uomini per condurre una esistenza dignitosa e libera. Ebbene una economia etica così intesa, (cioè non fatta per agire in violenza) ha in se stessa la ragione della sua eticità senza bisogno di una motivazione ad essa esterna quale potrebbe essere una legge civile o religiosa. In altre parole non potrebbe esistere una attività economica di natura egoistica.
Come ho detto a riguardo della economia, anche per la sicurezza nazionale si può fare un discorso simile. Il tema della sicurezza nazionale io lo inquadro in una civilizzazione possibile che indico come civiltà di pace.
Tutto ciò mi porta a prospettare un tipo di civiltà alternativa a quella in cui noi viviamo.
La civiltà in cui noi siamo immersi oggi, poggia su una tipologia di rapporti interumani ed intercreaturali (attenzione, io parlo anche di rapporti con la natura) violenti. Non c’è bisogno di lunghe spiegazioni per affermare che i nostri rapporti sociali sono prevalentemente, se non esclusivamente, conflittuali. Viviamo infatti una politica conflittuale, una economia conflittuale, una vita sociale conflittuale come anche in modo conflittuale abitiamo i condomìni.
Di fronte a questa realtà io dico che è possibile un mondo che abbia come regola i rapporti al positivo tra le persone e tra le cose. Tutto questo può diventare possibile quando noi ci abituiamo a considerarci ed a considerare ogni realtà, in modo positivo.
Il linguaggio religioso cristiano ci parla di una creazione pacifica e di un peccato che ha rotto ogni buon rapporto e poi ancora di una redenzione che sta avviando l’umanità verso un termine positivo di reintegrazione nella pacificità originale (il Regno di Dio che è già in mezzo a noi e che si vien facendo). Questo linguaggio può offrirci una lettura ed una conoscenza della nostra realtà che noi faticosamente accettiamo.
Se il riferimento religioso è stato chiaro, posso asserire che la sicurezza nazionale nel terzo millennio potrà per lo meno guardare verso la proposta di una civilizzazione da portare avanti; cioè verso una nuova cultura che privilegia il rapporto positivo. Del resto noi già vediamo una qualche allusione verso tale possibilità. E mi riferisco proprio a tutta la tematica di “Soldati di pace” di cui è stata presentata l’ipotesi in altra circostanza. Il soldato di pace di cui l’Italia può andare orgogliosa, ha già dato un esempio di quanto sia possibile prospettare. Dal soldato strumento di conquista, noi ci siamo avviati a pensare e vedere il soldato che frena la violenza altrui e che si presenta come educatore alla democrazia ed al rispetto reciproco. Non sembra, ma ho l’impressione che le Forze Armate Italiane stiano dando un esempio alternativo al vecchio concetto ormai superato del conquistatore. E possiamo anche notare di quanta sia la differenza tra alcuni atteggiamenti dei vari eserciti in campo. Forse stiamo cambiando almeno uno dei rapporti che creano civiltà.
Per questo io intendo offrire il suggerimento di avviarci verso questo modo nuovo di creare civiltà. La sicurezza nazionale che sicuramente e forse doverosamente, ancora oggi poggia sulle strategie militari e sulla forza militare, a mio giudizio deve prevedere il mondo di domani quando sarà realtà pacifica il rispetto e la non aggressività. Certo l’idea non è per domani o fra qualche anno, ma è qualcosa che dovremmo mettere in quel serbatoio di idee che gli americani chiamano Think Tank ; ed io esorto a fare questo. La preveggenza è fondamentale per raggiungere la sicurezza. Il cammino certamente è lungo soprattutto quando ci rendiamo conto che quello ipotizzato è cammino ancora da iniziare per tante democrazie avanzate e per tante non democrazie che si affacciano appena ad un sentire meno violento.

GianMaria Polidoro
30 ottobre 2009