In vista del Convegno “L’Islam oggi” – riflessione di Benito Melchionna
PROSPETTIVE di PACE
– Premessa
Nel tempestoso contesto storico che stiamo vivendo, noi di Assisi Pax International abbiamo il dovere “istituzionale”, nel nome della “fratellanza” cantata da San Francesco, di adoperarci con perseveranza per promuovere la pace. Obiettivo che purtroppo non è dietro l’angolo, vista la piega che stanno assumendo la gravissima e incontenibile emergenza umanitaria dell’immigrazione (clandestina, economica e/o di “rifugio”) e i tanti focolai di guerra che incendiano mezzo mondo. La ricerca delle soluzioni più efficaci è compito primario dei singoli Stati e delle diverse rappresentanze della Comunità internazionale. Tuttavia la pace stabile appare un miraggio perché, nel nuovo ordine (o disordine?) mondiale, lo scenario geopolitico muta sotto i nostri occhi trasformando continuamente gli equilibri globali. Questi ultimi, a loro volta, si muovono sotto il diretto influsso di inconfessabili interessi concreti, mascherati da fittizie ideologie, e sono quasi sempre giocati sulla pelle degli ultimi e dei diseredati del terzo mondo. Basta pensare ai venti di disgregazione dell’Unione (?) europea dei banchieri e dei burocrati a causa degli “egoismi” dei 28 paesi membri. Proprio mentre irrompono sulla scena politica (ed economica) internazionale che conta altri protagonisti quali la Cina, la Russia, ecc. Con tutti i suoi limiti, il nostro contributo di idee può intanto concorrere a una riflessione più attenta e imparziale in merito alle cause che di fatto ostacolano la pacifica convivenza tra i popoli, con particolare riguardo ai rapporti “conflittuali” tra Islam e Occidente.
– La complessità dell’Islam
La legge religiosa e anche politica dell’Islam (“sottomissione”, alla volontà di Dio) predica la totale rassegnazione a Dio e alle regole enunciate nel Corano , dettato da Maometto quale opera increata, al pari di Allah, e che quindi neppure è consentito interpretare. Molti ritengono che l’islam sia un blocco monolitico dall’anima integralista e intollerante, e perciò inevitabilmente violento e incline alla guerra. Altri invece considerano la dottrina religiosa islamica come una realtà complessa e plurale sul piano della fede, dell’ideologia e della cultura, come tra l’altro dimostra l’aperta ostilità tra le fazioni dei sunniti e degli sciiti. In realtà, chi di noi legge il Corano senza adeguato approfondimento, incontra non poche difficoltà nell’attribuire un significato univoco a termini quali pace, guerra, perdono e simili. Da un lato infatti vi è scritto che “Dio è pace” (sura, cioè capitolo, 59, versetto 23) e che occorre “rispondere pace! anche agli idolatri” (25,63). Dall’altro si legge che “Dio rifiuta di far pace con chi muore da miscredente” (16, 28-29). In altri versetti, poi è detto che “bisogna far la pace con il nemico che è disposto a farla e che desiste dal combattere” (2,192; 8,61) e che “bisogna metter pace tra i credenti” (49, 9-10). In altri punti del Corano si suggerisce invece che “bisogna combattere i traditori” (8, 55-60) e che in generale è lecita la Jihad. È questa la praticata e sbandierata guerra santa per la causa e per ordine di Dio, che impone di combattere “con durezza”, in particolare contro “i miscredenti che stanno vicini” (9, 123) e “gli ebrei e i cristiani che non si convertono” (9, 29). Inoltre, in diverse sura, solo i musulmani vengono definiti “veri credenti” che “Dio premia”, mentre i cristiani e gli ebrei peccano di eresia. Pertanto, anche quando ai cristiani sono riconosciute le virtù della mitezza e della misericordia, essi sono considerati “miscredenti” che saranno “puniti da Dio”. Dal compendio delle citazioni sopra richiamate molti ritengono che la ideologia scaturita dall’Islam, che neppure conosce il principio di “reciprocità”, sia di fatto incompatibile con la civiltà laica e liberale dell’Occidente. Qui infatti, almeno a far data dal 1700, – dopo gli eccessi storici della “guerra giusta” delle Crociate, dell’Inquisizione e del potere temporale della Chiesa -, la sfera religiosa è stata scissa da quella politica e dalle regole “garantite” dal diritto. Così che, ad esempio, da molto tempo nella nostra cultura il peccato non coincide più con la violazione delle leggi civili e penali, essendo ben separati i rispettivi settori d’influenza.
– Il “malessere” dell’Occidente
Tuttavia, a prescindere da taluni fondamentalismi islamici e dalle pieghe e dalle piaghe della nostra storia, va preso atto che anche la civiltà occidentale è oggi attraversata e contaminata da una grave crisi etico-morale, prima che economico-finanziaria. Si può al riguardo richiamare l’arguto motto di Woody Allen: “Dio è morto, Marx è morto e neppure io mi sento molto bene”. Infatti, nell’attuale “supermercato” globale, puntualmente demonizzato da frange dell’Islam, paradossalmente dilaga il culto dell’Io; un Io-Dio senza la D, tutto chiuso nel narcisismo da selfie e confuso nella massificazione della “realtà aumentata” del web e del virtuale. L’idolatria predatoria del denaro, che tutto corrompe, e la fede laica nei miracoli promessi dallo sviluppo scientifico – che spesso non coincide con il vero progresso – fanno preconizzare l’avvento di un felice (?) mondo cosiddetto “postumano”. Nel quale l’uomo si illude di non avere più bisogno di Dio, per cui volta le spalle anche alla Chiesa. L’evoluzione umana sembra dunque avverarsi per via sintetica, come tra l’altro fa sperare la “germinal choice technology”, che è appunto l’insieme delle tecnologie attraverso cui l’uomo, prescindendo dalla natura, è in grado di manipolare i propri geni, con la possibilità di eliminare malattie genetiche e la predisposizione a patologie molto diffuse, cancro compreso. Da un lato pertanto questa deriva scientista rafforza l’influsso del “pensiero debole” e del relativismo, che concepisce la relatività senza dogmi della conoscenza. Dall’altro, per contrastare tale deriva, anziché coltivare l’umiltà del dubbio, non si trova di meglio che contrapporre vecchi e nuovi dogmatismi ideologici, rigidi legalismi e diverse forme di chiusura intellettuale, che certamente a loro volta non giovano alla causa della pace. Anzi, in sommerso dissenso con il “potere dolce” del magistero di Papa Francesco, da più parti si invoca la fissità della legge che impone lo schema della scelta aut-aut tra Dio e il mondo. Si dimentica tuttavia che Dio va cercato in tutte le cose, come suggerisce il vigoroso messaggio d’amore e di pace propagato dal Vangelo. Noi però che siamo figli dell’unico Dio, per comune discendenza da Abramo, dobbiamo sforzarci di favorire la pace con tutti i mezzi disponibili, evitando da un lato il lassismo buonista e dall’altro l’infruttuoso muro-contro-muro.
Assisi, maggio 2015
Benito Melchionna, magistrato scrittore