INTERCULTURALITA’: VIA DI PACE NELLA COMUNITA’

Interculturlità: via di pace nella comunità M. Rosina Girotti Il Forum della Pace, che si terrà a Lugano dal 30 settembre al 2 ottobre 2011, patrocinato anche da Assisi Pax International, offre l’occasione per una breve riflessione su un tema su cui ho dovuto confrontarmi durante la mia esperienza di insegnamento sia in Italia sia in alcuni paesi africani. È il tema dell’interculturalità che sarà oggetto di discussione nella tavola rotonda su “Dialogo e interculturalità: la sfida del futuro”. Non è un caso che l’argomento rientri nella mappa dei vari discorsi sulla pace. In una società ormai configurata come multietnica e multiculturale, la via interculturale apre prospettive percorribili per creare pace nelle comunità in cui viviamo.

Un paio di mesi fa, monsignor Ravasi, presentando su Il Sole 24 Ore un libro su Raimon Panikkar, pensatore originale e voce alta della filosofia e dell’esperienza interculturale, morto un anno fa, scriveva che “la sua interculturalità e la sua interreligiosità rimangono un terreno ove ora ci ritroviamo necessariamente, pur coi piedi piantati nei rispettivi territori nativi”. L’interculturalità, declinata in base ai contesti quotidiani, si prospetta quindi come una necessità che ci interpella e che comporta prima di tutto un cambiamento di mentalità. Alla fine degli anni Settanta, inizi anni Ottanta con le prime situazioni di immigrazione, le istituzioni e le associazioni di volontariato cominciano ad interrogarsi sul tipo di relazione e forme di incontro con i gruppi di migranti.

Come gestire la diversità nella prospettiva della coesione sociale ? In questo contesto si fa strada la proposta interculturale. “Chi dice interculturale, dice necessariamente, dando il pieno senso al prefisso inter, interazione, scambio, apertura, reciprocità, solidarietà obiettiva. Dice anche, dando il pieno senso al termine cultura, riconoscimento dei valori, dei modi di vita, delle rappresentazioni simboliche alle quali si riferiscono gli esseri umani, individui e società, nelle loro relazioni con l’altro e nella loro comprensione del mondo, riconoscimento della diversità…” (Unesco 1980). La risposta interculturale è una risposta propositiva che cerca di stabilire un contatto tra i diversi mondi, le concezioni religiose, i vari punti di vista per creare incontri, condivisione, negoziazioni, contatti e comunicazione fra le persone. Interculturalità indica un atteggiamento di reciprocità, significa scambio di sguardi o di visioni diversi, frutto di culture differenti. Scambio che diventa premessa essenziale per un dialogo sincero e una comprensione autentica. Ogni dialogo vero è interculturale è non ci può essere interculturalità senza dialogo. “Il dialogo interculturale”, si legge nel Libro Bianco del Consiglio d’Europa, “ è uno scambio di vedute aperto, rispettoso e fondato sulla reciproca comprensione, fra individui e gruppi che hanno origini e un patrimonio etnico, culturale, religioso e linguistico differenti.” (2007).

Alcune condizioni sono indispensabili affinché il dialogo interculturale si realizzi: mettersi in discussione, essere disponibili a rinnovarsi, ad uscire dalle nostre “cornici culturali” e mettersi in ascolto di altri mondi. Più chiara sarà anche la conoscenza di noi stessi, della nostra cultura, perché, con le parole di U. Eco, è “lo sguardo dell’altro che ci definisce”. Scopriremo affinità e differenze con l’altro, scopriremo “la persona” che vive accanto a noi, che fa parte delle trame che intessono la nostra società. Non basta accettare e fare l’abitudine alla multiculturalità, cioè alla compresenza di culture diverse. Occorre l’ interazione nel contesto multiculturale in cui viviamo. L’interculturalità è infatti “un progetto” di interazione entro una società multiculturale e complessa, che si fonda sul dialogo fra culture diverse. Credere nella prospettiva interculturale significa credere nelle relazioni, creare relazioni di senso fra le varie comunità etniche e religiose nei contesti di vita quotidiana. La diversità allora non fa più paura, diventa ricchezza, è ciò che ci distingue come persone. La realtà, purtroppo, ci mostra che non sempre la diversità è considerata una ricchezza; anzi i mutamenti sociali portano spesso a nuovi razzismi, arroccamenti difensivi, localismi e nuovi egoismi. Si impone quindi una maggiore consapevolezza dell’interculturalità e delle sue potenzialità di coesione sociale. Perché il dialogo interculturale aiuta a promuove il pieno rispetto dei diritti umani, a realizzare società inclusive, è una via di mediazione, di riconciliazione e di risoluzione di conflitti.

L’incontro interculturale porta non solo alla reciproca conoscenza, ma anche alla solidarietà e alla cooperazione. Tende alla condivisione e alla costruzione di nuove reti di relazioni, ma ci mette in gioco e comporta spesso non facili scelte di vita. Ma a ben guardare, se l’interculturalità è prima di tutto un atteggiamento mentale, in quanto tale, non ha necessariamente bisogno di particolari presenze fisiche per essere acquisito. È la complessità della nostra società a richiederlo, dal momento che varie realtà interculturali fanno parte della nostra vita quotidiana, con o senza gli immigrati, ogni volta che ci rapportiamo all’altro. Ci sono tanti “diversi” oltre agli stranieri: malati, anziani, diversamente abili… uomini, donne, genitori, figli. Generazioni diverse come suggerisce il sottotitolo del Forum di Lugano “Generazioni nel cuore della pace”… Infine, ognuno di noi è “diverso”. Scrive A. Pretceille“ l’interculturale è dunque innanzitutto una relazione tra due individui che hanno interiorizzato nella loro soggettività una cultura, ogni volta unica, in funzione della loro età, sesso, statuto sociale e traiettorie personali. (1985)

Oggi più che mai è necessario educarci ed educare all’interculturalità, alla differenza e all’incontro. In questo discorso ben si inserisce la “metodologia del positivo” proposta da Assisi Pax. Essa cerca di scoprire le ricchezze reciproche e di entrare in relazione positiva con l’altro, qualunque sia la sua provenienza e la sua storia, per instaurare un dialogo fruttuoso come ha insegnato San Francesco. Guardando a Cristo, è stato “un profeta del domani” , lui che, come ha detto Padre Gualtiero, per primo visse accogliendo ed amando tutti e divenne così un vero genio delle relazioni. L’interculturale è la risposta “laica” al messaggio cristiano di amare, di incontrare l’altro. La sfida continua

M.Rosina Girotti