L’incontro a Cuba fra Papa Francesco e Kirill

Mentre la costruzione europea si è totalmente impantanata, due vescovi (come si sono chiamati) si sono incontrati lontanissimo dalle rispettive sedi – niente meno che a Cuba – per parlare di cose radicate da millenni in Europa. L’incontro è stato minuziosamente preordinato da mesi, forse da anni: ognuno è andato incontro all’altro, nessuno aveva nulla da dire se non per dare segni vistosi di amicizia e fratellanza, gli abiti sono stati quelli che portano i segni della Storia e del potere, il luogo neutrale, il momento particolarissimo.

Cominciamo dal momento storico prescelto; da mille anni le due chiese hanno gestito il proprio potere come fossero in due compartimenti stagni; cosa che è stata comune a tutte le religioni. Poi, nel nostro cattolicesimo romano, all’indomani della morte di Pio XII si è aperta una nuova fase che è stata sancita nel Concilio; dopo c’è stato un rallentamento per permettere al papa polacco di sistemare la questione sovietica. Poi fin dalla metà degli anni ’90 la questione interreligiosa è divenuta urgente. Perché?

La finanza e l’industria sono mondiali e, pur corrompendo financo gli Stati, sembrano incapaci di perpetuarsi e producono disoccupazione e disuguaglianza sempre più diffusi e apparentemente ineluttabili; la burocrazia tecnocratica è continentale e mondiale e non solo non aiuta ma frena e danneggia; il terrorismo è globale ed origina in ogni parte del mondo guerre locali terribili; i mezzi di comunicazione (da internet alle linee aeree o navali) mettono in collegamento tutti con tutti creando una babilonia di linguaggi e di sensibilità che non sanno esse stesse come convivere mentre approfondiscono le differenze e i conflitti; la televisione omologa a livello globale costumi e sensibilità senza che vi sia un senso,… Inoltre, sulla spinta della eterogeneità dei messaggi, si sono formate forze centrifughe immani che disgregano famiglie e società, forti di una male intesa libertà. Male intesa libertà che legittima vizi devastanti.

Anche l’ambiente geme; le denunzie degli scienziati hanno trovato sponda anche in Vaticano. Il Creato che abbiamo in prestito dovremmo lasciarlo migliore di come lo abbiamo ricevuto mentre lo stiamo distruggendo; anche questo è un problema certamente mondiale e come tale va affrontato.

Sopra e dietro tutto questo disastro della laicità globale v’è il novello Vitello d’Oro: la ricerca scientifica davanti alla quale tutti si inchinano; l’idolatria più diffusa al mondo ha già minato alle fondamenta la sostenibilità del nostro ambiente, la gestibilità della nostra economia, la vita quotidiana di tutti e ha fornito sistemi di uccisione sempre nuovi e sempre più sofisticati. Ricerca scientifica che tocca disinvoltamente financo le intimità più grandi e profonde che abbiamo nella nostra psicologia utilizzandola per ragioni finanziarie, economiche e politiche. Da  tempo i Santi Padri hanno messo in guardia da questo pericolo ma la riverenza verso questa nuova forma di idolatria è talmente diffusa che nessuno crederebbe mai ad un ridimensionamento della sua apparente inappellabile centralità.

Quindi serve subito fermare la caduta del mondo occidentale. La plurimillenaria saggezza delle Chiese comprende il livello della sfida e comprende che serve una forza enorme, appunto globale, un grido unico che includa anche ebrei e mussulmani per fermare la deriva.

Serviva e serve che le religioni assieme abbiano un proprio modo unico di porsi alle moltitudini per fermare tutti questi segnali di disgregazione e fornire alla futura evoluzione un senso inclusivo, costruttivo ed unitivo. Pur nelle necessarie declinazioni locali.

L’incontro di Cuba è il frutto del lunghissimo e segreto lavoro di centinaia di persone di altissimo livello; le distanze non sono enormi (qualche versetto nel Credo e la centralità del Papa di Roma) anche se sono di enorme portata.

Quel tessuto connettivo sociale e culturale che era ed è la civiltà latina -di cui siamo tutti parte attiva e tutti i cristianesimi ne sono portatori- è chiamato a rispondere a queste sfide globali restituendo centralità alla persona umana e alla famiglia, al lavoro e alla proprietà; i santi Padri sanno che le loro religioni hanno in sé il seme eterno di quella civiltà. Se il loro magistero si incrina si esce dall’alveo creato duemila anni fa dalla civiltà latina per andare in un mondo nuovo ed oscuro. Se quel Magistero perde, sarà la fine della Civiltà.

Fin dal primo momento della sua elezione Francesco ha sottolineato la sua condizione di Vescovo e non tanto di Papa; spesso il suo abito non è stato interamente bianco; ha sempre chiamato gli altri, anche non cristiani, “fratelli” a sottolineare la uguaglianza tra le religioni quasi a scapito della primazia del seggio petrino. Sono tutte mosse molto ben calcolate per ridurre gli ostacoli al dialogo; per tendere la mano agli altri leader religiosi con simboli inequivocabili. Ma a Cuba evidentemente si è fatto sul serio, non si tratta più di inviti al dialogo ma siamo dentro il dialogo e quindi entrambi hanno indossato i rispettivi abiti canonici a testimoniare che alcune differenze teologiche non sono state ancora risolte e che nessuno rinunzia alla propria identità. Ma entrambi sanno che nel messaggio cristiano e più ampiamente mediterraneo c’è indubbiamente la risposta alle sfide attuali perché la componente latina e cristiana è unitiva ed è quella che rende la sede di Roma speciale: la casa di tutti. E solo la unità delle fedi mediterranee può costruire la forza necessaria a vincere la deriva.

Vedremo i quattro o cinque Patriarchi cristiani riunirsi periodicamente a Roma per specifiche dichiarazioni comuni? A questi incontri parteciperanno con pari dignità anche ebrei e mussulmani? Sarà questa la sede per comporre “naturalmente” le questioni teologiche e pratiche che dividono il Medio Oriente e il Mediterraneo (e quindi il Mondo)?

È possibile, direi, probabile perché sembra che così si vuole nei massimi consessi religiosi. Dobbiamo tutti tifare con tutte le nostre forze per la realizzazione concreta di questo scenario; e se per favorirlo dobbiamo tenerci qualche centinaio di migliaia di disperati africani o asiatici, poco male, il gioco vale la candela.

Dopo aver visto la implosione del mondo comunista che sembrava eterno, adesso stiamo vivendo la implosione anche del mondo della finanza che è sempre sembrato eterno ed onnipotente. Le organizzazioni internazionali sbagliano vistosamente nel proprio ruolo e periscono sotto il peso della propria tecnocrazia demenziale… cosa rimarrà dopo? Sembra che i Santi Padri stiano lavorando per avere, fra non molto, la ricostituzione di un grande spazio di tolleranza religiosa che ai tempi di Augusto era concretamente vissuta e simboleggiata nel Pantheon; sarà la conclusione di un percorso millenario di tutta l’umanità; percorso diretto al punto di partenza cioè a quella Roma che ha fatto della tolleranza di tutte le culture e culti il proprio punto di forza e di civiltà.  Civiltà, appunto eterna, semplicemente perché è l’unica così alta e completa da meritare tale termine.

Canio Trione  – Università di Bari

da Corriere Nazionale 15/02/2016