COSA POSSO DIRE?

Carissimi/e, Soci/e, Amici/e.

In questi giorni leggo tanti vostri interventi sulle situazioni di guerra, le vostre preoccupazioni, le vostre sofferenze, i vostri inviti reciproci alla fraternità ed alla preghiera, i vostri desideri di Pace. E’ una cosa che dà testimonianza del cuore e volontà di bene che in voi alberga. Ringraziamone Dio insieme e cerchiamo di testimoniarlo con le opere. Con i fatti di ogni giorno che è Preghiera, Conversione, Opera di carità operosa e generosa. La Pace che desideriamo comincia nel cuore pacificato e pacifico, attento alle sofferenze del mondo e con l’orecchio vicino alla porta, in modo da avvertire se, a caso, anche la manina debole di un bimbo bussi al nostro uscio.  La guerra che ci addolora, ci porta a pensare anche alle tante guerre scatenate da cattiverie umane, quelle dell’egoismo, quelle di non vedere i margini delle nostre necessità che sboccano nel superfluo più superfluo. Ed allora invito me e voi a pensare il possibile composto di preghiera e di opere. Dio ascolta chi chiede Pace; ma in particolare di chi si converte veramente alla Pace. Quel che, come Assisi Pax possiamo fare, consiste nel nostro reciproco incoraggiamento a svegliare la fantasia e l’attenzione: contribuire alle opere di carità delle nostre città; a creare ed animare operosità nuove se possibili, francescanamente pensando a quel primo posto da dedicare alla fede nella Provvidenza. Voi sapete che io, nella mia fanciullezza, lungo terribili sei mesi, ho vissuto bombardamenti quotidiani; ho visto la nostra casa saltare in aria, ho sofferto non fame, ma sete; sete di acqua, quando (un centinaio di persone ed una salma) eravamo racchiusi in due sale dell’ospedale cittadino. E dopo, alla ricerca di un luogo qualunque dove acquartierarci, e poi a liberazione avvenuta, nella fatica ricominciare a vivere…Io so cosa significa guerra confidando in Dio. E concludo con la preghiera continua di mia madre: “Signore non far mai mancare un pane per i miei figli e io non chiuderò mai la mia porta ad uno che bussa”. E a bussare furono parecchi alloggiati nel piccolo spazio di campagna, senza chiedere chi fossero: italiani o “finti italiani” in fuga da dove o per dove non so. Carissimi/e questa è la testimonianza che vi offro. Ora insieme preghiamo prima di tutto ed operiamo ognuno nel proprio possibile, con la benedizione di Dio.

fr. GianMaria Polidoro ofm