QUELLO CHE FA LA CHIESA ITALIANA PER LA CRISI

Le diocesi mobilitate in tutta Italia
Le parrocchie anticrisi: prestiti
a tasso zero e accordi con le banche
A Pavia, Vigevano e Tortona vengono concessi duemila euro ai fedeli, senza interessi e con rate personalizzate

Il cardinale di Napoli, Crescenzio Sepe, serve a tavola i poveri durante il pranzo natalizio
ROMA — Fondi di solidarietà, sottoscrizioni pubbliche, prestiti senza interesse, accordi con le banche, progetti di microcredito sul modello dell’economista e Nobel Muhammad Yunus. Le classiche mense dei poveri restano fondamentali ma non bastano più da un pezzo. Ci sono altre difficoltà, strati sociali e famiglie che non avrebbero mai immaginato di aver bisogno. E le diocesi italiane moltiplicano un impegno peraltro abituale, mobilitano parrocchie fedeli, lavorano di carità e creatività, raccolgono milioni per sostenere chi si trova in difficoltà. Si farebbe prima ad elencare quelli che non stanno facendo nulla, anche perché non ce ne sono. Certo siamo in Quaresima, per i fedeli tempo di «preghiera, digiuno e obolo». Ma non si tratta solo di questo.

A fine mese, tra il 23 e il 26 marzo, il comitato permanente della Cei si riunirà per definire i dettagli di quel «fondo di garanzia per le famiglie in difficoltà» voluto dal cardinale Angelo Bagnasco, una «colletta» che «verrà fatta in tutte le diocesi» e «si aggiunge a ciò che c’è già». Si è parlato di «decine di milioni di euro». Ma l’essenziale, qui, sta nel ruolo di coordinamento dei vertici della Chiesa italiana: alla Cei spiegano che «non si vogliono interventi a pioggia», d’emergenza, la «Chiesa di popolo» conosce la sua gente, è realista e vuole organizzarsi a fronteggiare la crisi «per un lungo periodo». Fermo restando che, se «la Chiesa non si tira indietro», lo Stato «deve fare per intero la sua parte», ha spiegato il presidente della Cei invitando le forze politiche a un «vera coesione» davanti alla crisi. Intanto molte diocesi si sono mosse.

Già prima di Natale il cardinale Bagnasco aveva prospettato il suo piano e la prima risposta è arrivata dalla diocesi più grande, Milano, con il cardinale Dionigi Tettamanzi che la notte della vigilia annunciò la nascita di un fondo per le famiglie da un milione di euro raccolto tra fondi dell’8 per mille, risparmi della diocesi e risorse personali: in queste settimane il fondo è già salito a quasi tre milioni (2.935.335, per la precisione), uno dalla Fondazione Cariplo e il resto grazie alla sottoscrizione della gente (www.chiesadimilano.it). Lo stesso ha fatto a Bologna il cardinale Carlo Caffarra con il suo «Fondo emergenza famiglie 2009» gestito dalla Caritas. Da Torino a Genova, da Venezia a Napoli le grandi diocesi stanno in prima fila. Ma sono quelle piccole a dare l’idea di quanto siano capillari le iniziative di diocesi e Caritas diocesane, d’intesa con amministrazioni e banche locali. I vescovi di Pavia, Vigevano e Tortona hanno definito un piano di prestiti da duemila euro, senza interessi e con rate personalizzate. Un po’ come il «credito solidale» di Trento, con uno stanziamento iniziale di 40 mila euro.

Quello dei microcrediti è in effetti lo strumento più diffuso. A cominciare dai luoghi dove la crisi non è una novità: a Prato, con un fondo di garanzia di 130 mila euro, il microcredito è attivo dal 2005, con prestiti fino a cinquemila euro. Qui nel 2005 è nato il primo fondo anticrisi per le famiglie, in due anni la Caritas ha stanziato 250 mila euro. E c’è anche un «Emporio Caritas» dove i bisognosi fanno la spesa senza soldi: aperto a giugno 2008, ha distribuito merce per 180 mila euro. Un progetto di «microcredito etico-sociale» è appena stato lanciato dalla diocesi di Chieti e Vasto, guidata dall’arcivescovo-teologo Bruno Forte: la chiesa si farà garante per l’accesso al credito in banca di chi non ha i requisiti. Un’iniziativa simile, tra le tante, si trova anche nella diocesi di Cesena. Un’altra a Potenza e in tutta la Basilicata. Un fondo per microcrediti aperto anche alle piccole imprese sta nascendo nella diocesi di Pitigliano-Sovana-Orbetello.

E poi ci sono i fondi veri e propri per le famiglie. A Lucca (120 mila euro stanziati) il fondo si aggiunge a un progetto di microcredito. A Mazara del Vallo è permanente: esiste da otto anni per tutti i 13 Comuni della diocesi. A Lodi — dove è vescovo Giuseppe Merisi, presidente della Caritas italiana — la diocesi inizia con 50 mila euro. A Bergamo e Vicenza con 300 mila. A Siena si parte da 150 mila. Altri se ne annunciano da Frosinone a Molfetta, da Novara a Trani, dove ci sarà una «colletta di solidarietà» come a Cremona o Reggio Calabria. E poi Piacenza, Modena, San Minato… Qualsiasi elenco è inevitabilmente provvisorio e carente. Anche perché per molte parrocchie, evangelicamente, l’importante è che l’iniziativa sia conosciuta in zona: «Quando fai l’elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra…».

Gian Guido Vecchi CORRIERE DELLA SERA
02 marzo 2009