PRESENTAZIONE DI ASSISI PAX INTERNATIONAL

L’associazione Assisi Pax International è nata per offrire un progetto di pace, per quanto possibile, al di fuori dell’utopia.
La pace che noi prospettiamo è un cammino concreto di civilizzazione umana; una meta che si sta configurando nel mondo. Ci sembra di poter affermare che la pace, nei secoli, è apparsa impossibile perché spesso presentata con discorso moralistico e consolatorio.
Basandoci sulla nostra capacità di impostare il rapporto interumano sulla positività di ognuno, pensiamo di poter creare un cammino di civilizzazione dell’umanità verso una situazione normale di pace. Pace infatti – come affermato dalla Gaudium et Spes- non vuol dire solo assenza di guerra, ma capacità dell’essere umano di rapportarsi al positivo.

E’ importante convenire che l’attuale assetto culturale dell’umanità poggia su prevalenti rapporti conflittuali e di potere a tutti i livelli. Una simile cultura che caratterizza il nostro mondo, dalla politica all’economia ai rapporti di varia natura, non può prevedere la pace come stato permanente dell’umanità, ma soltanto come sospensione temporanea dei conflitti. Pertanto la pace intesa come stato permanente dell’umanità, in tale contesto, sarebbe utopia. Noi però crediamo che la pace sia possibile. E conveniente.
Per questo lavoriamo per una civiltà di pace.
Ma prima dobbiamo capire cosa sia civiltà e cosa sia veramente pace.
Per poterlo capire dobbiamo scomporre i termini e porci le domande:
Cosa è civiltà?
Cosa è pace?

1- Civiltà.
Detto in parole povere, ma operative, la civiltà è formata dalla tipologia dei rapporti che noi abbiamo con ogni altro essere. Questi rapporti possono essere, naturalmente, interumani, intercreaturali e con Dio (anche l’ateismo è un tipo di rapporto con Dio) su cui basiamo il nostro vivere e convivere. Per questo ogni società ha una sua civiltà avendo una scala di valori cui fare riferimento.
Esaminando la scala dei valori ci si rende conto del tipo di civilizzazione in cui si è inseriti. Ad esempio, se diciamo “civiltà occidentale”, intendiamo quella civiltà che ha una scala di valori comunemente accolti dalle varie società dell’occidente. Quindi non qualcosa contro altre civiltà, ma qualcosa di diverso, magari da confrontare con altre civiltà.

2- Pace.
La pace non significa soltanto l’abolizione dei conflitti bellici. Per averla non è sufficiente far cessare le guerre o anche gli odi o anche gli atteggiamenti aggressivi dei singoli o delle società. Pace è un discorso da fare tutto al positivo, che inizia pienamente dopo che le guerre sono cessate, gli odi spenti e gli atteggiamenti violenti esauriti. La pace è quel che segue: una costruzione che si innalza, dopo aver cancellato gli odi o le guerre o le varie conflittualità.
Gli odi, le guerre, i conflitti possono essere esorcizzati solo quando una civiltà si basa sulla visione positiva di ogni essere e di ogni realtà. E ciò è possibile.
Detto in termini religiosi, pace è la ricostruzione dell’antico rapporto positivo dell’uomo con Dio, con se stesso, con gli altri, con il creato, con la stessa morte. Potremmo dire che pace è il ritorno nell’Eden, possibile dopo la redenzione operata da Cristo. Questo riferimento alla redenzione (naturalmente per me, espresso con linguaggio religioso) è foriero di grandissime aperture alla conoscenza.

3- Civiltà di Pace
Una civiltà di pace, pertanto, non consiste in un generico desiderio di pace e in alcune azioni di pace ugualmente generiche, o in una bandiera che sventola in un corteo. Pace la troviamo particolarmente in una cultura di positività della persona umana per cui la società si struttura facendo leva sulle qualità positive delle persone e non su quelle negative. Anche i nostri rapporti con ogni altra creatura, saranno basate sulla visione positiva che di esse abbiamo.
In questo modo, ad esempio, la vera ecologia sarà quella basata sul rispetto, sull’uso congruo e sull’apprezzamento di ogni realtà creata cui noi di Assisi Pax diamo il nome di pace con il creato.
Nostro compito è pertanto un cammino verso la costruzione di una civiltà che abbia come punto di forza il senso del positivo e lo scioglimento del concetto e realtà del nemico e della conflittualità. Ciò lo impariamo dalla lettura cristiana della creazione.

C’è una spiegazione da dare.
Noi, quando parliamo di pace facciamo abituale riferimento alla fede cristiana. Questo però non significa che parliamo all’interno della fede, ma significa che noi usiamo il linguaggio della fede per trasmettere convincimenti e proposte. La fede infatti ha un suo linguaggio che porta a conoscere la realtà dalla sua angolazione, che non è contraria alla conoscenza che abbiamo con la razionalità o la scienza. E’ come vedere un panorama da angolazioni diverse o la realtà con strumenti conoscitivi diversi quali la razionalità, la poesia, la pittura, la musica etc. etc. Ogni strumento conoscitivo mi parla dello stesso argomento con un linguaggio diverso ma ricco di conoscenza; pertanto complementare. Per questo usiamo il linguaggio religioso che è da tradurre negli altri linguaggi.

La lettura del nostro progetto di pace è mediato dalla lettura del Vangelo fatta da Francesco di Assisi così come intuito da fr. GianMaria Polidoro.
L’impegno per la pace risulta quindi prima di tutto come momento culturale per cui modifichiamo i nostri approcci:

a- il nostro modo di leggere la realtà e capirla;
b- il nostro modo di parlare usando, metodologicamente, un linguaggio che non trae spunto dalla conflittualità (ad es. non usiamo i verbi vincere, sconfiggere etc) che richiamano posizioni mentali conflittuali;
c- un metodo di dialogo basato sulla scoperta, evidenziamento e apprezzamento del positivo che è nell’altro;
d- un posizionamento nella società in modo nonviolento, della specifica nonviolenza di cui parliamo più sotto.
e- il convincimento che la pace non solo è possibile, ma anche conveniente (la convenienza sarà molla che sosterrà l’attenzione dei tanti).

LA NONVIOLENZA

Lo spirito ed il metodo della nonviolenza non si fermano al semplice fatto di agire rifiutando azioni violente; ma consiste nel fatto che si pensa, si parla, si agisce all’interno di un’atmosfera di reciproca accettazione, apprezzamento, aiuto e così via, verso un orizzonte ancora tutto da scoprire.
Il Vangelo ad esempio, è completamente immerso in una realtà nonviolenta.
Ciò premesso, dobbiamo precisare qualcosa di molto importante. Nonviolenza è concetto positivo. Noi non abbiamo un termine che indichi la positività della nonviolenza e pertanto usiamo un termine che indica solo il toglimento della violenza. Troppo poco per creare una sensibilità da diffondere.

La nonviolenza rifiuta la violenza, ma apprezza la forza come dono della natura all’uomo. Stiamo attenti a non confondere la forza, che è virtù, con la violenza che è assenza di equilibrio nell’uso della forza. Noi siamo chiamati a vivere lo spirito di pace ed a costruire in noi una struttura interiore pacificata e pacifica, aliena da ogni tipo di violenza e rispettosa di ogni creatura, a partire da noi stessi. Noi vogliamo una società nonviolenta in cui tutti i rapporti sono alieni da conflittualità.
La nonviolenza la si ha nei confronti di se stessi, degli altri esseri umani, degli esseri animati ed anche degli esseri inanimati. La nonviolenza permette una ecologia di alto spessore. Vedi quanto diciamo sull’ecologia o pace con il creato. Essere nonviolenti significa essere forti. Il forte ha tutte le caratteristiche per essere nonviolento.
La forza è virtù, cioè capacità buona per operare. Essa permette di fermare la violenza altrui (cioè la forza usata in modo squilibrato) senza ricorrere ad atti violenti. Il nonviolento è un uomo forte. Proprio perché forte egli può permettersi di essere nonviolento. La violenza infatti è sintomo chiaro di debolezza o di insicurezza anche quando si fosse fisicamente robusti.
Noi intendiamo sottolineare che la nonviolenza non è attributo dei deboli, ma dei forti. Per questo desideriamo introdurre il metodo nonviolento ovunque la storia e la psicologia ci parlano di violenza. Noi auspichiamo soldati nonviolenti, sportivi nonviolenti, politici nonviolenti, economisti nonviolenti…. Ciò è possibile e siamo chiamati a realizzarlo.

Come ispiratore di nonviolenza presentiamo il seguente passo:
“La nonviolenza è la forza della giustizia.
Impariamo a dissociare due cose che troppo spesso si confondono nell’opinione comune: forza e violenza.
La Forza è la migliore delle cose. La Forza è il valore dell’essere. Forza in latino si dice Virtù. La pienezza della Forza, l’onnipotenza, è Dio.
Dalla debolezza, dall’inerzia, dall’inazione, non ci si può aspettare nulla di buono.
Nemmeno dalla violenza, la quale è l’abuso della forza. Abusare della cosa migliore è quel che vi è di peggio al mondo.
La violenza è la forza del male in tutte le sue forme: la brutalità o predominio stupido delle forze inferiori; l’abuso o violazione del diritto; la menzogna o violazione della verità.
I violenti trovano deboli e vigliacchi in gran numero (il loro numero costituisce la loro forza) pronti a servirli. L’unica forza che possa opporsi alla violenza è la Forza della Giustizia”
Giuseppe Lanza del Vasto
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ECOLOGIA – PACE CON IL CREATO

Ecologia è termine greco e significa “dottrina della casa” o scienza della casa. Di quella casa che è il mondo. Io preferisco chiamarla Pace con il creato per quella unità di visione del mondo che mi fa porre la pace come fondamento di ogni relazione.
Il sapere ecologico deve trattare del corretto abitare dell’uomo in questa casa dove Dio lo ha posto e che è il mondo. Per fare ciò abbiamo bisogno di regole che possiamo trarre da una semplice riflessione sulle prime pagine della Bibbia che riguardano la creazione.
Dice il libro biblico della Genesi a proposito dell’uomo e della donna:
” Dio li benedisse e disse loro:
siate fecondi e moltiplicatevi,
riempite la terra;
soggiogatela e dominate … (Gen 1,28).

La regola data da Dio per il rapporto uomo/creazione è inclusa nei verbi soggiogatela (la terra) e abbiate dominio (sugli esseri viventi). L’intero discorso è chiarificato e precisato nel successivo capitolo: “Il Signore Dio prese l’uomo e lo pose nel giardino di Eden perché lo coltivasse e lo custodisse” (Gen 2,15).
Coltivare o altro termine equivalente che si volesse usare, vuol dire portare la terra ad una situazione corrispondente ad un disegno. Custodire invece vuol dire non distruggere e non perdere quanto è dono del Signore: animali o piante o acque o monti che siano.
La saggezza dell’agire fra l’esigenza del coltivare e l’esigenza del custodire porta a quell’equilibrio che chiamiamo equilibrio ambientale.
Sono da lasciar da parte quelle forme di emotività non agganciate al pensiero solido. Per restare nel razionale, ad esempio, la difesa di ogni forma di vita, così come viene proclamata a parole, non dovrebbe far distinzione fra la vita dell’agnello o del cagnolino e quella dell’insetto per cui è pronto l’insetticida o del vitello che viene mattato per farne scatolette di buona carne anche per cani e gatti. Purtroppo tanta gente non s’accorge della propria illogicità e porta confusione nel campo dei rapporti intercreaturali.

Ecco un modello che cala nella realtà la preoccupazione del coltivare e del custodire.
Tommaso da Celano parlando dell’amore di Francesco per la creazione, traccia un profilo di sensibilità che sottolinea l’equilibrio del Santo nel rapporto con il creato e lo fa a riguardo delle indicazioni che egli dava ai suoi frati per l’orto del convento:
“Quando i frati tagliano legna, proibisce loro di recidere completamente l’albero, perché possa gettare nuovi germogli. E ordina che l’ortolano lasci incolti i confini attorno all’orto, affinché a suo tempo il verde delle erbe e lo splendore dei fiori cantino quanto è bello il Padre di tutto il creato. Vuole pure che nell’orto un’aiuola sia riservata alle erbe odorose e che producono fiori, perché richiamino a chi li osserva il ricordo della soavità eterna” (2Cel 165,11 in Fontes Franciscani).
L’orto dunque diviso in tre parti: una per le necessità dei frati, una per le erbe odorose e la bellezza dei fiori, ed una perché la natura selvatica possa avere il proprio spazio.
Come dire: coltivare e custodire.
Solo se ci poniamo nella logica del coltivare e del custodire possiamo compiere interventi modificativi dell’ambiente con un minimo di credibile rispetto. Una saggia ecologia impara da questa visione religiosa e dalla interpretazione che ne ha data Francesco.
Certamente al giorno d’oggi possiamo trovare metafore ed esemplificazioni diverse da quelle della vita pastorale e contadina per indicare il ruolo dell’uomo sulla terra, ma i concetti del coltivare e del custodire, restano. Dipende da scienza e sapienza saper tracciare le strade da percorrere.

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ARTEPACE

Avete mai pensato all’arte come chiave per avviare il progresso per lo sviluppo civile e tecnologico di un popolo? Assisi Pax International propone di immaginare l’arte quasi fosse un rampino che l’uomo lancia in alto su uno spuntone di roccia da scalare. Una volta agganciato il rampino, egli si sostiene alla corda mentre ascende. E quando giunge alla balza trova ancora l’invito ad andare oltre, a ripetere il lancio verso la vetta.
La civilizzazione umana progredisce così, come l’arte che aggancia quel che è più in alto, il nuovo. L’arte anticipa il progresso presentandolo sotto forma artistica ed illuminando il futuro. La comunità umana fa esperienza dell’arte come anche della religione, ed impara a guardare oltre e trascendere la pura materialità programmando così una crescita di civiltà. Per questo all’arte va riconosciuto non solamente un valore di godimento estetico (che potrebbe anche essere considerato di limitato valore), ma la capacità di innalzare l’uomo alle vette della civiltà.
L’arte pertanto non è un lusso a volte inteso a discapito dei poveri e dei diseredati, ma una necessità umana senza la quale il progresso sarebbe nullo o estremamente lento.
Quando il genere umano cominciò a fare religione ed arte, intraprese il cammino che noi ancora stiamo percorrendo. Poiché religione ed arte sono due realtà e non due momenti ludici dello spirito umano. Noi riconosciamo l’arte come strada per una civiltà di pace.

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Metodologia di Pace

Quando si opera in zona pace, è da fare attenzione a non chiedere l’impossibile. Alla attuale società possiamo chiedere solo quanto è concretamente comprensibile dalla gente e dai capi, con un soldo appena di utopia in più. Altrimenti l’argomento pace viene ricollocato nel novero delle utopie buone per la piazza.
Questi sono alcuni punti di forza:
– La pace non è un semplice spazio di tempo tra due conflitti, ma è modo di vivere, frutto di una civilizzazione non più basata sulla conflittualità, ma sulla collaborazione competitiva e sulla solidarietà, rapporti che nascono da una visione al positivo di ogni relazione.
– E’ possibile creare una cultura in cui l’attenzione al positivo induce una nuova tipologia di rapporto creativo di nuove opportunità. Possiamo pensare all’Europa Unita come sperimentazione di un cambio di rapporti: da conflittuali produttori delle guerre e povertà dei secoli passati; ai rapporti attualmente esistenti che finora hanno prodotto pacificazione e aumento di ricchezza.
– Esaminando il concetto profondo di cultura umana, ci rendiamo conto come nuove culture possano essere create e nuovi valori possono essere indicati. In tal senso noi affidiamo come compito, ai singoli settori della convivenza umana, lo studio e la sperimentazione di come il positivo possa essere applicato alle singole situazioni ed ai singoli rapporti. Ad esempio, come è possibile una competizione in chiave di agonismo e non di antagonismo; o un rapporto economico sulla base della reciproca valorizzazione.
– Nella situazione attuale la pace ha bisogno di interventi concreti; di chi abbia la capacità e possibilità di entrare dentro il più intimo delle situazioni ed operare dall’interno. Forse non è più il tempo della semplice diplomazia.
– La nostra prospettiva di pace è ispirata al concetto di pace biblico ed evangelico (pace come ritorno all’Eden e cammino verso il Regno); ed alla metodologia di san Francesco che comanda, come frutto di una “rivelazione” di Dio, di entrare nelle situazioni di conflitto ed operare dall’interno.

Assisi Pax International ha sede in Assisi, Piazza Chiesa Nuova, 7 (Santuario della casa paterna di san Francesco).

GIANMARIA POLIDORO